Editori in rivolta: no alla legge bavaglio “Libera informazione a rischio”

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MILANO – Come un anno e mezzo fa, maggio del 2010 al Salone di Torino, ma con ancora più forza di allora, e su una ribalta internazionale, la Fiera del libro di Francoforte che apre domani i battenti, dove la protesta degli editori contro la “legge bavaglio” del governo Berlusconi detona come una clamorosa difesa di diritti e principi di libertà  minacciati. L’appello, come la prima volta, parte nella mattinata di ieri dai vertici di quattro case editrici di cultura, Marco Cassini e Daniele di Gennaro di Minimum fax, Giuseppe e Alessandro Laterza della storica casa editrice che fu di Benedetto Croce, Stefano Mauri e Luigi Spagnol del Gruppo Editoriale Mauri Spagnol. Il testo vede nella «legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni disposte dai magistrati» uno dei «tentativi di restringere in maniera drastica il diritto di informazione dei cittadini», ricorda che «i provvedimenti proposti in Italia dall’attuale maggioranza sulle intercettazioni hanno sollevato forti perplessità  perfino da parte di qualificati rappresentanti di istituzioni quali l’Osce, l’Onu e l’Unione Europea», e chiede «alla vigilia della Fiera internazionale del libro, dove potremo condividere la nostra preoccupazione con i colleghi editori di tutto il mondo, al Governo e al Parlamento di recedere da questo nuovo tentativo di bloccare la diffusione di conoscenze rilevanti e significative sugli atti processuali».

L’invito è «ai colleghi editori e agli amici librai per la firma di questo appello» entro mercoledì, quando la Fiera di Francoforte entrerà  nel vivo e tra i primi convegni importanti si terrà  quello dell’Aie dedicato all’editoria italiana. Ma già  ieri in giornata la pagina della protesta fa il giro del mondo dei libri. Aderiscono Feltrinelli, Giunti, Fazi, Newton Compton, Dalai. È «inequivocabilmente orientato a firmare», dicono in via Mecenate, il gruppo Rcs, che aspetta solo di formalizzare la decisione dei vertici (nel 2010 firmò per il gruppo Paolo Mieli, ora all’estero). L’Aie fa sapere che contro la “legge bavaglio” sarà  una parte della relazione del presidente.

Ma questa volta firma “a titolo personale” anche Ernesto Franco, direttore editoriale dell’Einaudi. Mentre ufficialmente la casa editrice di Torino “comunicherà  mercoledì le sue decisioni” e anche Mondadori aspetta la scadenza per dire la sua. Due anni fa la mobilitazione era già  riuscita a rispedire momentaneamente nel limbo delle leggi ritirate il “decreto anti-intercettazioni”, ma aveva spaccato l’editoria italiana in due: da una parte 188 firmatari dell’appello, dall’altra la Mondadori di proprietà  del presidente del consiglio e la sua controllata Einaudi inchiodate in difesa, con l’argomento che la protesta nascondeva «una operazione di marketing» dei concorrenti. Da allora la Mondadori, dove si era già  consumato lo scontro tra la sua presidente Marina Berlusconi e Saviano, è stata al centro di nuove polemiche per le difese del premier da parte della figlia contro la magistratura, per il licenziamento dell’editor della saggistica Andrea Cane e l’assunzione come consulente di Sandro Bondi, ma anche per la perdita di autori importanti (dopo Vito Mancuso e Saviano, Vittorio Zucconi e Corrado Augias).

Molti autori Einaudi, da Gustavo Zagrebelsky a Marco Revelli, contro la legge bavaglio hanno già  firmato l’appello.


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