I nuovi vincoli sul credito e i timori delle Fondazioni

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L’ammontare è determinato per ciascuna banca tenendo conto dell’esposizione al rischio sovrano» che, per le banche italiane, è «modesta» verso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, mentre «è significativo l’investimento in titoli pubblici italiani». Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia e presidente, dal primo novembre, della Bce, illustra ai banchieri quel che si sta decidendo a Bruxelles. La richiesta di coefficienti patrimoniali «temporaneamente più elevati è necessaria per fronteggiare le attuali preoccupazioni degli investitori, con benefici per la raccolta delle banche sui mercati all’ingrosso», spiega confermando possibili nuove richieste anche per le banche italiane.
Che però non sembrano prenderla bene. Preoccupano l’accordo di Bruxelles e soprattutto la valutazione del capitale aggiuntivo necessario in relazione all’esposizione sui debiti sovrani, compreso quello italiano, che sta definendo l’Erba, cioè l’autorità  di vigilanza europea presieduta dall’italiano Andrea Engria. Da cui in serata è arrivata una stima preliminare per nuove ricapitalizzazioni, da 14,8 miliardi di euro, per le banche italiane. L’ipotesi più temuta è la svalutazione attorno al 10% dei titoli di Stato nel portafoglio delle banche. Sarebbe un’ipotesi nefasta, ha avvertito ieri, con un breve fuori testo, il presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, nel corso della Giornata mondiale del risparmio. Perché richiederebbe nuove ricapitalizzazioni e nuovi sforzi per le Fondazioni azioniste di banche che pure ieri hanno riconfermato l’intenzione a non sottrarsi ai propri doveri. Decisamente più secca la protesta del presidente dell’Abi e di Mps Giuseppe Mussari. «Crediamo che la stabilità  delle banche con rilevanti esposizioni nei confronti degli Stati sovrani non possa e non debba essere considerata separatamente dal necessario processo di risanamento delle finanze pubbliche degli Stati medesimi. Non è così che si affronta la crisi del debito sovrano, così se ne acuiscono le conseguenze. Ci si fermi quando si è ancora in tempo, non si cura il malato uccidendo gli infermieri! Non si possono cambiare le regole strada facendo», ha detto. E proprio ieri il WSW ha dedicato un lungo articolo ai problemi del Monte dei Paschi di Siena, la «banca più antica del mondo», che sarebbe la più coinvolta nella revisione dei valori di rischio dei titoli di Stato italiani perché, dice sempre l’articolo del quotidiano statunitense, dovrebbe reperire dai 2 ai 2,8 miliardi di nuovo capitale, mettendo alle strette l’azionista Fondazione Montepaschi, che per far fronte all’investimento nel gruppo senese avrebbe già  fatto forti tagli alle erogazioni no profit al territorio. Le banche italiane «sono in crisi per quello che una volta sembrava un investimento sicuro, i titoli di Stato» ha scritto il WSW.
Ma «restano le più virtuose in Europa», ha comunque affermato l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera. «Il fatto di esserci dedicati all’economia reale ora crea qualche aggravio, ma sarebbe paradossale che fossero alla fine penalizzate le banche che non hanno avuto aiuti pubblici e si sono dedicate a famiglie e imprese». Se «ancora una volta arriveranno misure che penalizzano le nostre banche, mentre hanno sempre fatto la loro parte sostenendo gli investimenti, ognuno dovrà  assumersi le proprie responsabilità  di mettere a rischio il settore creditizio italiano», ha detto ancora Guzzetti.
Le nostre banche «sono in grado di rispondere a questa nuova sfida» ha però ribattuto il Governatore-presidente della Banca centrale europea. «Abbiamo piena fiducia che, come in passato, le Fondazioni di origine bancaria sapranno farsi carico delle responsabilità  che ricadono su di loro. Ma qualora necessario, saranno individuate e tempestivamente rese operative adeguate misure di backspin». Cioè anche di aiuto pubblico. In più occasioni «abbiamo insistito affinché le banche realizzassero aumenti di capitale. La risposta è stata finora pronta e confidiamo che così sarà  in futuro».
Le difficoltà  che il sistema bancario italiano si trova oggi ad affrontare «hanno origine al di fuori di esso». I problemi nel medio e lungo termine «possono essere risolti alla radice solo aumentando il potenziale di crescita dell’economia italiana nel suo complesso e agendo sulla sostenibilità  delle finanze pubbliche».


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