Il crepuscolo di Sonia Si prepara la successione

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Da quando è tornata a casa, a inizio settembre, si è vista una sola volta in pubblico: gettava petali di rosa. Di certo sta pensando alla sua successione, come una regina politica: probabilmente vorrà  passare la guida della dinasta Nehru-Gandhi e del governo, ora guidato dal fido Manmohan Singh, al figlio Rahul, ma non si capisce né quando né come. Le classi colte e potenti della capitale la ammirano e la riveriscono, ma il gossip quotidiano è tutto sulle sue intenzioni, politiche e famigliari.

È insomma la persona più potente dell’India ma la sua riservatezza è diventata un’ossessione che rischia di far vacillare il Paese: la corruzione dilagante, che il governo da lei ispirato non riesce a contrastare, inizia a rallentare il miracolo economico che la più grande democrazia del mondo vive da due decenni.

Quello di Sonia (Maino) Gandhi — nata in provincia di Vicenza 65 anni fa il prossimo 9 dicembre — è stato finora un viaggio del destino, tra amore, morte, potere. Adesso, in questo copione, è arrivato il momento di pensare alle generazioni future. Durante la sua assenza estiva, le quattro persone alle quali aveva affidato la leadership di governo e partito — compreso Rahul, 41 anni, segretario del Congresso — sono state travolte da scandali e proteste, incapaci di prendere l’iniziativa, segno che quando Madam non c’è iniziano i litigi e vince la paralisi. Come risultato, più di un investitore sta pensando di lasciare il Paese, spaventato dalla corruzione che solo nei mesi scorsi ha toccato esercito, telecomunicazioni, l’organizzazione dei Giochi del Commonwealth. Occorre una svolta e va trovata in famiglia.

Nel 1968, questa ragazza cresciuta fino a quel momento tra Veneto e Piemonte si ritrovò parte di una delle famiglie più note e potenti del mondo. A Cambridge, durante un corso d’inglese, aveva conosciuto Rajiv Gandhi e l’aveva sposato, con il patto che lei si sarebbe trasferita in India ma lui non avrebbe fatto politica. Sonia era terrorizzata dalla violenza che, a quei tempi più di oggi, accompagna la democrazia indiana. Entrava in una dinastia dove la suocera, Indira Gandhi (nessuna relazione con il Mahatma), era un nome internazionale, capo del governo e figlia del primo, mitico premier dell’India indipendente, Jawaharlal Nehru. Il destino però volle che il fratello di Rajiv, successore politico designato dalla madre, morisse in un incidente aereo e che Indira stessa fosse assassinata nel 1984 (morì proprio tra le braccia di Sonia). Dovette accettare, terrorizzata, che il marito si caricasse sulle spalle i doveri della dinastia, diventasse primo ministro e rischiasse la vita. Nel 1991, infatti, Rajiv cadde vittima di un attentato mentre faceva campagna elettorale.

È a quel punto che Sonia deve confrontarsi direttamente con la politica. All’inizio la rifiuta, per sé e per i due figli, Rahul e la secondogenita Priyanka. Poi, sotto le pressioni del Congresso finito all’opposizione e senza guida, deve cambiare idea: il destino dei Nehru-Gandhi è di guidare l’India. Non parla più italiano in pubblico (che lo abbia dimenticato è però una leggenda metropolitana), prende in mano le redini dello storico partito e, inaspettatamente, nel 2004 lo riporta al governo. Rinuncia alla carica di primo ministro (è pur sempre vista come un’italiana, in un Paese fortemente nazionalista) e affida il compito all’ex ministro Manmohan Singh. Guida comunque la politica indiana, è effettivamente lei il leader del Paese, incontra primi ministri e dignitari esteri. Il passo indietro formale le guadagna anche l’ammirazione dell’establishment: è nella tradizione del Buddha — dicono i suoi ammiratori — che rinunciò alla ricchezza per cercare l’illuminazione.

Esagerazioni indiane a parte, nel suo lungo viaggio Sonia Gandhi ha conquistato il Paese. Ora, dovrà  dare corso alla successione. Non solo perché è malata (nei giorni scorsi si è parlato di un tumore al pancreas ma non è affatto detto che sia così). Soprattutto perché il prescelto, Rahul, è ormai in politica da anni e le alte gerarchie del partito spingono perché venga investito in fretta, che prenda il posto del debole Singh alla guida del governo.

Il guaio è che finora Rahul non ha dato grandi prove politiche. È amato per la famiglia che ha alle spalle, ma non è un trascinatore. Durante l’assenza estiva della madre non ha mostrato grande capacità  di leadership, anzi. Visita le case dei diseredati, promuove politiche a favore dei più poveri ma non si è finora fatto notare per iniziative di portata nazionale. La prossima primavera, guiderà  la campagna elettorale nell’Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso dell’India che il Congresso vuole riconquistare. Se vincerà , gli si aprirà  la strada per diventare in poco tempo primo ministro a Delhi. Diversamente, Sonia avrà  un problema. Sperava di tenere l’amata figlia Priyanka il più possibile fuori dalla politica, per quanto sia carismatica come la nonna Indira e adorata dal popolo. Può essere che il destino non le regali nemmeno questo. L’India ama i Gandhi ma ha anche bisogno di governo.


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