“In Italia i giovani non risparmiano più”

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ROMA – Tre anni e due crisi finanziarie stanno intaccando i risparmi degli italiani. La gente se n’è accorta da un pezzo, ieri lo ha testimoniato il governatore Mario Draghi, che dalla Banca d’Italia passa al vertice Bce. E un dato perentorio di giornata correda l’assunto: in settembre la raccolta dei fondi comuni di investimento censiti da Assogestioni ha registrato deflussi per 6 miliardi: -1,14 miliardi quelli azionari; -1,35 miliardi i bond; -1,03 miliardi i monetari; i bilanciati -360 milioni; i flessibili -761 milioni; gli hedge -133 milioni. I fondi comuni italiani da inizio anno hanno perso 14,3 miliardi di flussi, complici le tensioni sull’economia e le scelte delle banche italiane – loro padrone nei quattro quinti dei casi – di privilegiare altri prodotti (come i conti di deposito, che aiutano nella raccolta gli istituti). Con questo calo il patrimonio Assogestioni scende a 950 miliardi (-22 in un mese, tra deflussi e perdite).
«Gli italiani risparmiano sempre meno e la ricchezza accumulata, se non alimentata, rischia di essere intaccata in tempi brevi – dice Draghi dal palco dell’87° Giornata mondiale del risparmio, organizzata dall’Acri – La capacità  di risparmio è una risorsa storica italiana. Nel 2010 la ricchezza netta delle famiglie era oltre 8 volte il reddito disponibile, a fronte di valori inferiori, talora significativamente, degli altri principali Paesi avanzati. La ricchezza accumulata riflette però i risparmi del passato; rischia di essere intaccata in tempi brevi. Dall’inizio dello scorso decennio la propensione al risparmio è scesa di circa quattro punti percentuali, attestandosi nel 2010 al 12%, due punti sotto la media dell’area euro». Per la ricerca Acri-Ipsos, solo il 35% degli italiani riesce ancora a risparmiare; e tra i giovani «aumenta la quota di risparmio nullo o negativo». «Il peggioramento delle retribuzioni all’ingresso del lavoro, non compensato da una più rapida progressione salariale nel corso della carriera, contrae la propensione al risparmio dei giovani». Il ministro Giulio Tremonti invece fa notare il paradosso italiano, per cui, «dopo anni di grande declino, il reddito non è salito, ma la ricchezza sì. C’è forse dietro l’evasione fiscale?».
Altro tema portante – il titolo era “Il risparmio per la crescita economica e sociale” – è il ruolo di banche e Fondazioni azioniste. «Siamo convinti di avere impiegato bene una parte dei nostri attivi nei titoli pubblici di un grande Paese, che onorerà  tutti i suoi impegni – dice Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi (e di Mps) – L’Italia non è l’anello debole dell’euro: ha fondamentali solidi, ma occorre rimettere in moto un processo di crescita virtuoso. Il tempo di attendere è scaduto, ora è tempo di fare». E Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (e di Cariplo): «Le Fondazioni hanno sempre fatto la loro parte nelle banche. Se necessario e possibile rafforzeranno l’investimento bancario, nell’interesse loro e del Paese». Sarebbe una extrema ratio, che devia un po’ dallo spirito della legge Ciampi. Ma, ha aggiunto Guzzetti, «banche più forti possono meglio sostenere l’economia, tutelare i risparmiatori e dare maggiori dividendi».


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