Sindaci e capi sezione, la provincia in rivolta: arroganza da fascisti

Loading

VARESE — Quattro metri di striscione contro il neosegretario Maurilio Canton appesi nottetempo sotto la sede della Lega Nord era un fatto solo pochi giorni fa inimmaginabile. Ma il tazebao rimasto in bella vista per buona parte della mattinata è ancora niente rispetto a quanto venuto a galla di lì a poco. Perché se l’autore dello striscione è un anonimo, nel corso della giornata il dissenso e le spaccature in seno al movimento di Bossi hanno assunto i volti, i nomi e i cognomi di sindaci, consiglieri e partecipanti al congresso del Carroccio che domenica si sono visti scippare con un diktat il diritto ad esprimere il loro pensiero. Mai vista una roba del genere: niente più mugugni, insomma, niente più invettive anonime affidate a Radio Padania; è il corpo vivo della Lega che per la prima volta decide di rendere di dominio pubblico il malessere del movimento.

Stefano Candiani, sindaco di Tradate fino a domenica era il segretario della Lega in provincia di Varese: «Al congresso avrei voluto leggere una relazione che rendesse conto ai militanti del mio operato, ma quando mi sono avvicinato al palco il presidente dell’assemblea non mi ha dato la parola: un fatto mai successo. Quello che è accaduto non fa parte del patrimonio della Lega e bisogna evitare che Varese costituisca un pericoloso precedente. Sono amareggiato ma non mi tiro indietro».

Le parole di Candiani sembrano quelle di un Lord se paragonate a ciò che Alessandro Vedani, già  sindaco di Buguggiate, affida alla sua pagina di Facebook raccontando la «domenica bestiale» del suo partito: «Cari uomini cinici e frustrati, sovraesporre il Capo facendogli sponsorizzare un candidato perdente è cattiveria (e bastardaggine) allo stato puro. Violentare l’assemblea è arroganza fascistoide».

Volano i piatti, insomma, in casa leghista ma il mito del Capo, di Umberto Bossi, resta fuori discussione; a lui tutti si rivolgono con senso di gratitudine. Stefano Gualandris, gallaratese e giovane consigliere provinciale è tra quelli che domenica sono riusciti a prendere la parola ma non vuole svelare i contenuti del suo intervento: «Posso solo dirvi che mi sono rivolto a Bossi come ci si rivolge a un padre, perché anche i figli, a volte, vogliono sfogarsi».

A ferire più di ogni altra cosa è il metodo definito ora «sovietico» ora «fascista» con cui è stata zittita la discussione: secondo i contestatori almeno 200 delegati (su 300) sarebbero stati contrari all’elezione di Canton; e c’è chi vorrebbe adesso appellarsi ai cavilli del regolamento. Viene fatta circolare una mail firmata da Gianfranco Salmoiraghi, segretario organizzativo di via Bellerio, secondo la quale «in presenza di un solo candidato alla carica di segretario, dovrà  essere obbligatorio il voto segreto». Come dire che la nomina di Canton, avvenuta per acclamazione, sarebbe nulla.

Ma se un movimento che ha sempre fatto della spontaneità  la sua forza e che si è sempre tenuto alla larga dalle pastoie burocratiche, comincia ad accapigliarsi sui regolamenti, il momento è davvero brutto. Cristina Bertuletti, primo cittadino di Gazzada Schianno mete a nudo nuovamente a internet la sua disillusione venata di sarcasmo: «Canton eletto non per votazione, non per acclamazione…ma per infusione…siamo allo scoglionamento assoluto».

Bilancio della giornata: a Varese, nella città  dove la Lega è nata e sotto il naso di Umberto Bossi accade quello che non era mai accaduto e cioè le strutture del partito si ribellano alle decisioni imposte dall’alto. Ai militanti non resta nemmeno lo sfogatoio di Radio Padania perché al mattino, durante la trasmissione «Che aria tira» (titolo quanto mai attuale) la prima telefonata che fa cenno al pasticciaccio di Varese viene zittita e il conduttore Roberto Ortelli invita gli ascoltatori ad astenersi da questo genere di chiamate, «male che vada vi taglio».

Ma il dissenso ormai è tracimato fuori dalle stanze dell’Atahotel, sede del congresso dal quale i giornalisti sono stati esclusi e dove ai delegati è stata negata la parola e si traduce in gesti concreti: il segretario della sezione di Induno Olona, Alberto Minazzi, maroniano, annuncia le sue dimissioni. In un battibaleno la sede viene commissariata e il neosegretario Canton nomina come «reggente» Arianna Miotti. Vicina — dicono — al deputato Marco Reguzzoni.


Related Articles

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment