Truffa da 11 milioni allo Stato, Verdini indagato

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ROMA – Avevamo lasciato Denis Verdini assolto all’Aquila per il post-terremoto e accusato di corruzione e associazione segreta a Roma (gli appalti per l’eolico in Sardegna, la realizzazione della scuola dei marescialli a Firenze, la P3) e di associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita a Firenze. In ragione della gestione familista di una banca, la sua, ora commissariata (il “Credito Cooperativo Fiorentino”). Ma la storia del coordinatore nazionale del Pdl si rivela un po’ come il gioco delle matrioske. E così, da ieri mattina, lo ritroviamo accusato dalla Procura di Firenze di una truffa con i fiocchi. Significativa per gli importi (11 milioni di euro) e il tempo in cui si è protratta (dal 2002 al 2010). Odiosa, perché il denaro sottratto è pubblico, pagato con le nostre tasse, alla voce “contributi a sostegno dell’editoria”. Quelli – argomentano i pm Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini – incassati «con il raggiro» dalla “Ste”, la società  editrice del “Giornale di Toscana” (quotidiano diffuso in abbinamento con “il Giornale”), di cui Denis Verdini è socio.
Accade così che ieri – su disposizione del gip di Firenze Paola Belsito – la Guardia di Finanza abbia sequestrato beni di valore equivalente all’importo della truffa, bussando, tra Roma e Firenze, alla porta di casa Verdini, delle abitazioni di altri venti indagati e degli uffici della “Ste”. Congelando conti correnti, mettendo sigilli a immobili (tra questi, quello che ospita il “Giornale di Toscana”), portando al deposito macchine di lusso (riferiscono della disperazione di Roberto Bartolomei, rappresentante legale della società  di costruzioni “Baldassini-Tognozzi-Pontello, nel congedarsi dalla sua “Porsche Cayenne”). E accade anche che l’iniziativa della magistratura fiorentina abbia convinto il protagonista di questa storia a usare parole severe. Verdini si dice «offeso» e «costernato» da «un’attenzione giudiziaria ai limiti dello stalking». Incassa la solidarietà  di Sandro Bondi («accuse abnormi»). Mentre Marco Rocchi, avvocato della “Set”, dà  di fatto degli asini ai pm («C’è un chiarissimo errore nell’interpretazione della legge in materia di contributi all’editoria»).
Sta di fatto che le venti pagine del decreto di sequestro preventivo disposto dal gip raccontano un’altra storia. Che ha due momenti chiave. Il gennaio del 2002 e il settembre del 2009. Nel gennaio del 2002 – documentano gli atti istruttori – Verdini ha un’urgenza. Fare acquisire il controllo della “Ste” da una cooperativa. Requisito necessario per poter attingere ai fondi pubblici a sostegno dell’editoria. La cooperativa non c’è. E Verdini – scrive il gip – ne mette in piedi una «fittizia»: la “Nuova editoriale scarl”. La società , nel suo statuto, prevede che «scopo dei soci cooperatori è ottenere, tramite la gestione in forma associata e con la prestazione della propria attività  lavorativa, continuità  di occupazione e le migliori condizioni economiche, sociali e professionali». Ma nella “Nuova editoriale”, si legge nel decreto di sequestro – «risulta che, con due sole eccezioni, nessuno dei soci ha mai prestato il proprio lavoro». C’è di più. Il denaro con cui la cooperativa acquisisce il 51 per cento della “Ste” non esce dalle tasche dei suoi soci. Ma, guarda un po’, da quelle di Roberto Bartolomei, rappresentante legale della società  di Riccardo Fusi (la “Baldassini-Tognozzi-Pontello”), il costruttore che decide di legare il proprio destino ai buoni uffici di Denis Verdini, insieme potente coordinatore del Pdl e presidente della banca (il Credito Cooperativo Fiorentino) verso cui Fusi è drammaticamente esposto. La Guardia di Finanza accerta infatti che, tra le 16.42 e le 17.12 del 4 gennaio del 2002, alla cassa numero 1 della filiale 10 del Credito Cooperativo, accade un fatto curioso. Bartolomei preleva 413 mila euro in contanti e di lì alla successiva mezz’ora, presso lo stesso sportello e con operazioni intervallate da 2 minuti, i 9 soci della “Nuova editoriale” e lo stesso Denis Verdini versano, sempre per contanti, 361 mila euro complessivi per l’acquisizione del 51% della “Ste”.
Ce ne sarebbe già  abbastanza per sentire forte odore di frode. Ma – annota il gip – nel settembre del 2009, in occasione della ricapitalizzazione della “Ste”, c’è una seconda operazione bancaria che «dimostra la natura fittizia della cooperativa “Nuova editoriale”», la società  che la controlla. «I 163 mila euro che dieci degli undici soci della cooperativa versano il 10 settembre 2009 alla “Ste” per mantenerne il controllo, provengono da una provvista dello stesso Verdini». Appena un giorno prima, infatti, Maria Simonetta Fossombrone, la moglie del coordinatore del Pdl, gira al marito il contante necessario all’operazione che deve far risultare i soci delle cooperativa formalmente impegnati nella ricapitalizzazione.
Fonti inquirenti riferiscono che l’indagine non è chiusa. Che camminerà . Non fosse altro perché coinvolge anche la cooperativa “Settemari”, editrice del settimanale fiorentino “Metropoli” e con lei un altro parlamentare Pdl, Massimo Parisi.


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