“Quell’energia che sbaraglia il mercato”

Loading

«La green economy è l’unico settore della nostra economia che ancora funziona perché è l’unico allineato al futuro. Gli altri segmenti sono in crisi e, ogni volta che hanno un momento di temporaneo recupero e il motore della produzione si rimette in moto con il vecchio sistema, i prezzi del petrolio e delle materie prime schizzano alle stelle facendo inceppare di nuovo il meccanismo: la seconda rivoluzione industriale è arrivata al capolinea perché non ha saputo calcolare i limiti fisici del pianeta». Jeremy Rifkin ha appena pubblicato La terza rivoluzione industriale, il manifesto della società  che si sta formando attorno ai valori della green economy.
Partiamo dai numeri. Fino a ieri molti ritenevano l’economia verde utile ma secondaria, un attore di secondo piano sulla scena economica mondiale. Oggi la situazione è cambiata?
«Sì perché la Terza rivoluzione industriale si sta dimostrando un cambiamento epocale del nostro modo di produrre e di pensare. Alcune industrie chiuderanno, ma molte altre apriranno e verranno creati centinaia di milioni di posti di lavoro per l’energia rinnovabile distribuita nelle case, negli uffici, nelle campagne; per la realizzazione di un ciclo di immagazzinamento dell’energia basato sull’idrogeno; per la sostituzione del vecchio parco auto inquinante con veicoli elettrici; per la creazione di smart grid in grado di far viaggiare l’energia come le informazioni sul web».
Una rivoluzione solo al futuro?
«Al contrario, è un processo già  iniziato. Le faccio solo un paio di esempi. Negli Stati Uniti l’efficienza energetica delle case è estremamente bassa: aumentarla costerebbe 100 miliardi di dollari l’anno ma permetterebbe di risparmiare energia per 163 miliardi di dollari l’anno. E la mobilità  offre analoghe opportunità . Zipcar, la più importante società  di car sharing, in un decennio di attività  ha aperto migliaia di sedi per mettere le auto condivise a disposizione dei suoi clienti: cresce del 30 per cento l’anno e nel 2009 ha fatturato 130 milioni di dollari».
Non tutto il movimento ambientalista però appoggia la green economy. C’è una frangia che contesta gli impianti eolici, solari e a biomasse in nome del paesaggio.
«Mi sembra una contraddizione destinata a essere superata dall’evoluzione della green economy. In questo momento di transizione una quota significativa di energia rinnovabile viene prodotta dai grandi impianti perché siamo nella fase di sviluppo iniziale della filiera. Io non sono contrario per principio ai grandi impianti, e penso che in alcuni luoghi si possano realizzare, ma sono destinati ad essere superati dalla logica della Terza rivoluzione industriale. Una rivoluzione basata sullo sviluppo di milioni di mini e micro centrali di produzione energetica che troveranno posto sui tetti e sulle facciate di buona parte degli edifici».
Eppure la crisi economica ha fatto registrare in molti paesi una battuta di arresto della green economy.
«Si sono fermate le economie che non hanno puntato sul futuro. Ma per sapere dove va il mondo c’è un modo molto semplice: guardare cosa fanno i giovani. I loro valori sono quelli di Internet: il diritto all’accesso alle conoscenze, il rapporto paritario, lo scambio di informazioni e di musica, presto lo scambio di energia. La loro rivoluzione è l’attacco al sistema basato sull’autoritarismo, sul potere gerarchico, sull’accentramento. Vogliono una società  che abbia come valori la trasparenza, il decentramento e l’accesso libero alle reti».
Una possibilità  reale?
«Alcuni dei governi rimasti attaccati al vecchio modo di pensare, come i regimi dittatoriali dell’Africa mediterranea, sono già  stati spazzati via perché il potere laterale costruito dalla generazione di internet ha battuto l’arroganza delle autocrazie. Lo sviluppo del movimento degli indignati mostra che una critica radicale alla vecchia logica industriale sta crescendo rapidamente anche nei paesi industrializzati: c’è bisogno di un concetto più avanzato e più largo di democrazia che includa gli atti della vita quotidiana e una redistribuzione della ricchezza».


Related Articles

Italia: sommersa da rifiuti e multe

Loading

  La discarica di Malagrotta:Ilmessaggero.it

La cattiva gestione dei rifiuti ha lasciato una macchia indelebile sul territorio italiano e “lavarla” potrebbe costarci caro. Risale, infatti, all’aprile 2007 (.pdf) la sentenza con cui l’Italia è stata riconosciuta responsabile dalla Corte di giustizia europea della presenza sul suo territorio di centinaia di discariche illegali e omessi controlli nella gestione dei rifiuti. A seguito di questa sentenza la Commissione Europea ha inviato all’Italia, nel febbraio 2008, una lettera di costituzione in mora e, nel giugno 2009, un parere motivato, segnalando che la violazione sistematica e generalizzata constatata dalla Corte di giustizia era ancora in corso.

Equo solidale o multinaazionale?

Loading

Aiutare i piccoli a difendersi dalla grande distribuzione “Ma oggi i tempi sono cambiati”. Duecento marchi internazionali tra cui le Botteghe del Mondo, note anche in Italia. Un business di 6 miliardi di dollari che cresce del 27% all’anno. Oltre un milione di contadini dei Paesi più poveri strappati alla miseria. Eppure il mondo del fair trade litiga. Perché qualcuno spinge per l’apertura al mercato coinvolgendo le multinazionali, altri dicono che così si tradisce il movimento. E anche i due “padri fondatori” si dividono

Fiat, sindacati contro in tribunale Fim e Uilm sfidano la Fiom

Loading

“Tesi offensive sul sì a Pomigliano”. “Accordo illegittimo”. La Marcegaglia: “Confindustria sta lavorando alacremente per fare un accordo sulla rappresentanza in fabbrica”

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment