Monti debutta nel salotto tv «O così o stipendi a rischio»
ROMA — Silvio Berlusconi amava arrivare all’ultimo minuto, Mario Monti invece approda in via Teulada 75 minuti prima della diretta. Non tanto per marcare la discontinuità , quanto per incontrare i vertici Rai. E una volta seduto sulla poltroncina bianca di Porta a Porta il premier ricorda il Cavaliere per un istante soltanto. Quando si rivolge al padrone di casa con un «se mi permette, dottor Vespa…» seguito da un brusco «non sono qui per fare un piacere a lei». Per il resto, il paragone è impossibile. Lontani i tempi del «contratto con gli italiani», il premier è venuto a dire ai cittadini — in prima serata e in un format tv ideato dopo le polemiche che hanno preceduto l’intervista — che senza «i sacrifici pesanti» il treno Italia sarebbe deragliato. «L’alternativa era il rischio Grecia, il non poter pagare stipendi e pensioni».
Monti non cerca l’applauso e nemmeno lo trova. Il momento è cruciale e le misure proposte «non fanno piacere a nessuno», tantomeno a lui. «Gli scioperi? Capisco le reazioni». Arrivando in Rai gli avevano chiesto se era emozionato. E lui: «No». Gessato grigio e cravatta a pallini biancocelesti, incappa subito nel bello della diretta. «Normalmente io guardo lei?», domanda a Vespa in fuorionda. E il conduttore: «Me e le telecamere, aiuta la conversazione». E quando il giornalista gli fa notare che ha perso «solo» nove punti di gradimento, il premier si sbilancia: «Dovevo farla più pesante, la manovra?». I partiti lavorano agli emendamenti, ma Monti avverte che il decreto è pressoché blindato. In Parlamento terrà «occhi e orecchie spalancati», perché le forze che lo sostengono non provino a cambiare troppo i contenuti pur tenendo fermi i saldi: «Il tempo è poco e il margine di flessibilità è pochissimo». Metterà la fiducia? «È prematuro affermarlo, ma le ho spiegato qualcosa di più importante — e qui il “prof” bacchetta lo studente Vespa — cioè che non modificheremo la struttura».
La cosa che più lo ha fatto «soffrire» è aver dovuto toccare le pensioni più basse. «Ci siamo sentiti molto in difficoltà — ammette —. Lì ci siamo convinti che era il caso di chiamare a contribuire anche chi aveva usufruito dello scudo fiscale». La ministangata «sarà fatta», lo dice Monti e lo ribadisce Grilli a Ballarò, aggiungendo che gli «scudati» che non verseranno la tassa dell’1,5 per cento perderanno l’anonimato. Sull’Ici il viceministro apre a una proroga per le prime case e, sulle pensioni, Elsa Fornero spera che, se si troveranno i soldi, si possa «alzare il tetto per garantire l’indicizzazione» agli assegni più bassi.
Per due volte Monti loda la sua «piccola squadra» e promette una futura ribalta anche a quei ministri rimasti in ombra, «fiero e orgoglioso» com’è di aver scelto uomini e donne «di straordinaria qualità ». Respinge le critiche dei cattolici per i mancati sgravi alla famiglia, fa capire quanto sia arduo dover fare «equilibrismo» tra Pd e Pdl e conferma che non alzerà l’Irpef. Scherza su Vespa «ministro dell’Economia» e rivendica di aver riportato l’Italia «nel salotto buono» del mondo. Quanto ai costi della politica «siamo solo all’inizio», prepara nuove sforbiciate Monti. E annuncia una «task force aperta anche ai contributi dei giornalisti».
Solo sul finale concede uno squarcio della sua vita privata. La mamma lo ammoniva a «tenersi alla larga dalla politica» e la moglie lo rimprovera ogni sera per essere rientrato tardi nell’appartamento presidenziale: «Non credo sia interamente contenta per gli orari che faccio». È forse l’unico sorriso, l’unico momento in cui Monti si rilassa dopo aver tenuto, per mezz’ora, i gomiti puntati sui braccioli della poltroncina.
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