Alla luce 50 miliardi di redditi occulti un esercito di evasori totali e truffatori Iva

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ROMA – Circa 50 miliardi di redditi non dichiarati, 8 miliardi di Iva evasa. E’ questo il bilancio 2011 tracciato ieri dalla Guardia di Finanza che ha individuato 7.500 evasori totali che hanno occultato redditi per 21 miliardi. Complessivamente sono stati denunciati 12 mila evasori: 1.981 hanno emesso fatture false, 402 non hanno versato l’Iva, in 2.000 hanno omesso la dichiarazione dei redditi, altri 2.000 hanno occultato la contabilità . Ma è l’evasione internazionale ad allarmare: i redditi non dichiarati sono stati 11 miliardi. «Ora ci sentiamo meno soli», ha dichiarato il comandante della Guardia di Finanza Nino Di Paolo. 

Le frodi
Nel mirino delle Fiamme Gialle il fenomeno, in crescita con la crisi economica, delle cosiddette «frodi carosello»: fanno perno su società  fantasma, vere e proprie cartiere, nate per importare merci, emettere fatture false e truffare lo Stato sul pagamento dell’Iva. La Guardia di Finanza di Vicenza ne ha scovata una esemplare. I parametri irregolari erano molti: fatturato enorme pari a 70 milioni, raggiunto in poco tempo, a fronte di margini di guadagno bassi, pari all’1 per cento, e una sede assai modesta di 40 metri quadrati con una sola impiegata. Come facevano? Era il classico esempio di frode all’Iva. Una pratica assai diffusa, come indicano i dati delle Fiamme Gialle, tra il 2010 e il 2011 ha portato alla denuncia di 10 mila evasori, con 5.000 mila interventi. Complessivamente, nel biennio, l’Iva non pagata è stata di 4,5 miliardi, di cui 2 miliardi nel solo 2011.

Le cartiere
Come funzionano le frodi Iva internazionali? Al centro del meccanismo c’è una società  “cartiera” italiana che importa da un paese della Ue e rivende ad un’altra società  in Italia. Il viaggio comincia, ad esempio, in Germania: le normative comunitarie, per impedire che i paesi esportatori accumulassero troppi incassi Iva, hanno disposto che – contrariamente al solito – il versamento dell’Iva sia a carico dell’impresa che importa e che deve pagare in patria. La società  importatrice-cartiera italiana tuttavia al momento di saldare l’Iva non paga: conta sul fatto che resterà  in vita pochi mesi e il controllo amministrativo potrà  arrivare solo con tempi lunghi.

La fattura falsa
Dopo questa prima evasione ne scatta una seconda, la più lucrosa: la società  importatrice-cartiera italiana «vende» fittiziamente la merce importata ad una terza società  italiana, connivente (e appartenente allo stesso gruppo di truffatori) ed emette una fattura falsa con tanto di Iva. A questo punto emerge il guadagno della terza società  che acquisisce un credito Iva, pur senza sborsare un euro: quando la terza società  riscuoterà  l’Iva dai consumatori e sarà  chiamata a versarla all’Erario, non lo farà  perché potrà  pareggiare i conti con il falso credito Iva acquisito al momento dell’acquisto fittizio della merce dalla società  importatrice-cartiera. Il gioco è fatto.

Le intercettazioni
Un ultimo aspetto: queste operazioni non sono semplici da scoprire, infatti le transazioni bancarie sottostanti sembrano in apparenza regolari e dunque non si vedono neanche utilizzando le mega-banche dati del Fisco. Servono invece tecniche investigative più tradizionali e faticose: pedinamenti, intercettazioni, in qualche caso arresti e interrogatori.


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