Calabria MESSICANA

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CATANZARO – La carica dei 103. E non è un cartoon per bambini. Ma un film di mala, tremendamente vero, dove la realtà  supera anche la finzione. Attentati incendiari e dinamitardi, omicidi, tentati omicidi, lettere minatorie, aggressioni, danneggiamenti a beni di proprietà  pubblica e privata, autovetture incendiate (anche più d’una contemporaneamente), colpi d’arma da fuoco a persone o cose, proiettili recapitati. È questo il linguaggio della paura, l’alfabeto del terrore, scelto dalla criminalità  per intimorire gli amministratori calabresi. Legautonomie ha presentato il rapporto su “La sicurezza degli amministratori in Calabria dieci anni dopo”. E i numeri snocciolati nel dossier sono impietosi. Nel 2011 sono stati rilevati 103 atti intimidatori contro amministratori calabresi, una media di due episodi a settimana. La punta massima è stata registrata nel mese di aprile-maggio, coincidente, come già  rilevato nel 2010, con una tornata di elezioni amministrative. In termini assoluti il maggior numero di episodi si è verificato nel 2011 nei comuni della provincia di Reggio Calabria (il 31%). Ma è significativo anche quest’anno il dato della provincia di Crotone (21% dei casi, e numero massimo di episodi dal 2000), considerato che si tratta della più piccola provincia calabrese con appena 27 comuni. Complessivamente, gli atti registrati dal 2000 ad oggi sono quasi mille, cifra sicuramente superata nella realtà  considerato un certo numero di episodi “minori” che sfuggono alla rilevazione o perché non denunciati o perché non trovano spazio nelle cronache giornalistiche. Il fenomeno ha coinvolto man mano un quota sempre crescente di Comuni. E i dati destano sconcerto. Nel crotonese l’85% del comuni ha registrato almeno un episodio, così che ad oggi solo in quattro paesi non è stato rilevato nessun atto. Poco sotto il vibonese con l’80%, seguono la provincia di Reggio con il 64%, il catanzarese con il 54%, chiude la provincia di Cosenza con il 35%. Nel 2011 gli episodi hanno interessato 68 diversi Comuni, il numero massimo dal 2000 ad oggi. Sono pertanto 222 i Comuni calabresi che nel decennio sono stati interessati almeno una volta dal fenomeno, ossia il 54% del totale. Oltre un episodio su tre ha riguardato nel 2011 direttamente i primi cittadini e complessivamente gli atti intimidatori sono stati indirizzati per il 70% verso gli amministratori comunali, il 10% degli episodi ha preso di mira strutture e beni comunali e l’8% amministratori regionali. I Comuni che han fatto registrare dieci e oltre atti intimidatori sono 19 e in essi si concentra il 36% di tutta la casistica. In questa particolare classifica troviamo comuni grandi e piccoli in cui gli episodi si sono manifestati ripetutamente. Ma spiccano per la ristrettezza del periodo i casi di Sinopoli e Sant’Agata di Esaro. Quest’ultimo un vero smacco per le istituzioni: il sindaco, dopo una decina di intimidazioni e una coltellata, ha deciso di mollare e tornare alla professione di medico. Le aree più interessate ai fenomeni intimidatori sono il crotonese, il basso vibonese, la Locride, l’area reggina. Emerge su tutti il Comune di Crotone (40 episodi), quindi Catanzaro (38), Lamezia Terme (33), Cosenza (27), Locri (23), Reggio di Calabria (22), Villa San Giovanni (15), Vibo Valentia (14), e a seguire Isola di Capo Rizzuto (solo pochi giorni fa è andato a fuoco il portone del Municipio), Polistena, Cutro, Sinopoli, Gioia Tauro, Filandari, Parghelia, Tropea, Siderno, Ricadi, Sant’Agata di Esaro. Nel periodo più lungo la percentuale di intimidazioni riferita alle varie cariche ricoperte muta leggermente, con i Sindaci sempre i più bersagliati nel 26% dei casi, quindi assessori comunali e consiglieri. Praticamente si equivalgono i casi contro amministratori regionali e provinciali e 15 episodi (1,6%) hanno interessato anche parlamentari. Solo ‘ndrangheta? La domanda chiave è se dietro questa mole enorme di episodi possa leggersi la mano della criminalità  organizzata, della ‘ndrangheta e in che misura. Lo studio di Legautonomie Calabria rileva come «nel corso di questi anni, dietro numeri così elevati ci sia di tutto. I dati in nostro possesso non ci permettono di dare risposte sostenute da elementi certi. È possibile tuttavia provare ad indicare alcune connessioni». Intanto, esiste un rapporto ma non assoluto tra atti intimidatori e scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Nel 49% dei casi uno dei motivi posto a base del provvedimento dissolutorio delle amministrazioni (a partire dal 2000) è proprio legato ad episodi di intimidazioni contro amministratori in carica e candidati (episodi di intimidazione sono stati registrati anche contro commissari prefettizi chiamati a reggere le amministrazioni di comuni disciolti). Nondimeno, le modalità  di alcuni episodi, i luoghi di svolgimento, la ripetitività  dei fatti, la tutela garantita dalle forze dell’ordine ad alcuni amministratori, sono tutti elementi che inducono a pensare che in molti casi non si tratta di gesti isolati, di qualche «cittadino più o meno esasperato», di buontemponi armati di mitragliette o capaci di confezionare ordigni di elevata potenza. Altro elemento che induce a sospettare della longa manus della criminalità  organizzata è la connessione prevalente (ma non assoluta) tra periodo elettorale (regionali e amministrative) e aumento degli episodi di intimidazione nel mese di riferimento. Ciò è rilevabile per gli anni 2003, 2004, 2007, 2009, 2010, 2011. Inoltre, il rapporto tra intimidazioni e classe demografica dei comuni offre una duplice chiave di lettura. Il fenomeno si manifesta in rapporto diretto alla demografia considerato che in tutti i comuni calabresi con popolazione superiore a 10 mila abitanti è stato rilevato almeno un episodio negli anni in esame. La percentuale di comuni interessati al fenomeno decresce col decrescere della popolazione. Se il dato viene rapportato alla popolazione residente il numero delle intimidazioni per mille abitanti cresce con la diminuzione della demografia comunale. In ogni caso quasi la metà  del totale degli episodi censiti (47%) è stata compiuta in un piccolo comune. E anche i casi di scioglimento e commissariamento per ‘ndrangheta si muovono lungo questo binario. Nel corso del 2011, infatti, sono stati disciolti i comuni di San Procopio , Roccaforte del Greco , Corigliano Calabro e Marina di Gioiosa Jonica oltre all’Asp di Vibo Valentia. È stato inoltre prorogato il periodo di commissariamento del Comune di Borgia. San Procopio, con i suoi 573 abitanti, è il più piccolo comune italiano sciolto per infiltrazioni mafiose mentre per Roccaforte del Greco si tratta del terzo scioglimento con la medesima motivazione, anche questo un primato in Italia. Nel corso del 2011 è stato anche sciolto il Comune di Nardodipace e prorogato il commissariamento di Nicotera, entrambi nel vibonese. Tutti piccoli comuni. Anche se c’è da sottolineare che per la prima volta una provincia, quella di Crotone, è a rischio commissariamento, trovandosi da Luglio scorso sotto istruttoria della commissione di accesso antimafia. Una degenerazione democratica Ciò che colpisce è la costanza dei fenomeni intimidatori. «Che rischia di creare assuefazione», spiega al manifesto Mario Maiolo, presidente di Legautonomie Calabria. «Tutto quel che sta accadendo in Calabria è una spia visibile di una profonda e seria degenerazione dei principi di democrazia, di relazioni tra cittadini ed istituzioni locali. Questa spirale mira a distruggere i processi di coesione sociale a partire dalla forte carica simbolica che hanno gli obiettivi degli atti intimidatori, si tratti di amministratori o di strutture pubbliche, dimostrando l’irrilevanza dei governi e scalfendo la fiducia che i cittadini ripongono in essi. Bruciare un portone del comune ha un impatto emotivo enorme perchè sancisce di fatto la vulnerabilità  dello Stato e la forza dell’Antistato». Reagire, dunque. Ma come? «Rafforzando le reti di sindaci “resistenti”, combattendo le infiltrazioni della criminalità  organizzata nella politica, sostenendo l’informazione libera, creando una task force nazionale visto che il fenomeno delle intimidazioni ha superato i confini calabresi». E poi scassando la politica, «che deve risultare più credibile di quanto non sia stata in questi anni». Senza più zone grigie e ambiguità .


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