Inflazione e Povertà , Mali endemici ora Minacciano il Sogno brasiliano

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Grandi elogi del mondo non solo per il ritmo di crescita, ma anche sul modello ordinato e democratico di sviluppo, con riduzione della povertà  e delle diseguaglianze. Ora che il Brasile è diventato la sesta economia del pianeta — superando di recente la Gran Bretagna — il problema della crescita vigorosa si ripropone. I vecchi mali sono sempre in agguato e i venti favorevoli possono cambiare direzione in un batter d’occhio, se la politica non prende decisioni drastiche, come ieri notava il Financial Times. Per il 2012 la crescita è prevista attorno al 3 per cento, e così per gli anni a seguire. Nel 2010 il Pil era arrivato a salire del 7,5 per cento.
Europa e Stati Uniti farebbero carte false per un «rallentamento» così, ma qui siamo in un altro mondo. Aver superato la Gran Bretagna, e prima ancora l’Italia, nella hit parade dell’economia riempie di orgoglio e fa guadagnare titoli sui giornali, ma occulta il dato di fondo: il reddito pro capite in Brasile è ancora un terzo di quello italiano, per fare un esempio. Il ministro dell’economia Guido Mantega, festeggiando i vari sorpassi, ha ricordato che ci vorranno ancora un paio di decenni, se tutto va bene, affinché i brasiliani raggiungano il tenore di vita di un cittadino europeo.
Il problema è appunto quel «se tutto va bene». Crescere del 3 per cento riduce la povertà  troppo lentamente e aiuta poco alla redistribuzione della ricchezza. L’inflazione è in crescita, al 6,5 per cento, e il male endemico del Sudamerica costringe la banca centrale ad avere tuttora i tassi di interesse più alti del mondo. Il Brasile non ha la produttività  di Cina e India, e nemmeno vuole averla, se si pensa soltanto alla differenza di ritmi di lavoro. Ma per spiccare il volo servono riforme strutturali, alcune non troppo diverse da quelle in discussione in Italia in questi giorni. E la politica, come ovunque, non sempre è disposta a farle.


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