Marcia su gomma il 90 per cento dei nostri prodotti

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I l supermercato Coop di Massa Carrara è rimasto tagliato fuori: irraggiungibile da camion di ogni ordine e grandezza così che a metà  giornata i banchi del pesce, della carne e del frutta e verdura sono rimasti vuoti. Così come le pompe di benzina di tutta la città . Stessa sorte per gli scaffali dei punti vendita (e i benzinai) di Lazio, Campania, Puglia e Calabria. Reali e virtuali, visto che il primo segnale di resa dell’agroalimentare ieri è arrivato a Roma dal servizio di spesa-online di Coop: «Attenzione! A causa dei blocchi alla circolazione stradale causati dalla protesta degli autotrasportatori, viene sospeso il servizio di consegna delle spese». Fino a quando? «Fino al termine delle agitazioni». Che il mondo della grande media e piccola distribuzione spera arrivi già  in queste ore. Perché così come c’è uno spartiacque geografico, che vede un Sud più in sofferenza rispetto al Nord per il blocco dei Tir, ne esiste uno anche temporale: l’ora «x» per il rifornimento di grandi e piccoli dell’agroalimentare è scattata questa notte. «Finora — dicono — ci sono state le riserve ma ora la situazione rischia di diventare pesante. Frutta, verdura, pesce, carne e formaggi, le deperibili insomma, viaggiano per oltre il 90% su gomma. In alcuni casi, come per la benzina, per il 100%». 
Tutto viaggia su strada
Anche se di poco, il dato supera quell’88,3% che ci piazza tra i primi Paesi in Europa quanto a tonnellate di merci trasportate su Tir e camion (elaborazione Autopromotec-Eurostat 2009). Tra i primi ma non primissimi, visto che Spagna e Gran Bretagna fanno peggio. Ma in ogni caso il dato ci vede a grande distanza da un Paese come la Germania, dove solo il 65,4% delle merci viaggia su gomma. Non solo: mentre nel Regno Unito si contano 1115,25 autocarri merci per ogni chilometro di autostrada, in Italia ce ne sono 730,95. E in Germania? Duecentoventidue e 83. Sul confronto Italia-Germania ragiona Giuseppina Della Pepa, segretario generale di Anita, la più antica associazione di imprenditori dell’autotrasporto merci che non partecipa alla protesta: «In Italia le imprese attive sono 110 mila e producono un fatturato di 46 miliardi di euro l’anno, quelle tedesche sono nemmeno 35 mila ma generano un fatturato di 29 miliardi. L’eccessiva frammentazione del settore, l’85% delle nostre imprese ha da uno a cinque mezzi, ci fa male». Una frammentazione che in Italia, unico Paese Ue dove l’autotrasporto in 20 anni ha continuato a crescere, si accompagna anche a un altro «male»: «Che ci allontana ancora dalla Germania, la colpevole mancanza di investimenti nel trasporto ferroviario».
Il risultato, dicono i dati Istat: quasi 465 migliaia di tonnellate di carbone e petrolio viaggiano su gomma. «Il 100% di benzina e gasolio», dice il presidente di Figisc-Confcommercio, Luca Squeri. Sempre su strada vengono trasportate quasi 69 migliaia di tonnellate di prodotti ortofrutticoli, di carne e pesce. «Oltre il 90%», concordano Confcommercio e Coldiretti. E allo stesso modo vengono mosse più di 122 migliaia di tonnellate di alimentari e tabacchi. «Oltre il 90% di tutti i prodotti, il 100% dei freschissimi» stimano Auchan e Coop. 
Il bilancio di grandi e piccoli 
Non sorprende dunque il bilancio di Federdistribuzione che parla ormai di «crisi di rifornimento». Soprattutto per i prodotti freschi, in particolare quelli dell’ortofrutta che rischiano di marcire nei centri di stoccaggio. Solo il 60% di questi sta arrivando a destinazione: «Questo significa una perdita del 40% delle vendite, con un conseguente disagio per i consumatori. E considerato che carne, pesce, ortofrutta e formaggi equivalgono a circa 40 milioni di euro di vendite al giorno nel mondo di ipermercati e supermercati, si stima una perdita di circa 16 milioni di euro al giorno per le aziende della grande distribuzione».
Forti le differenze tra le aziende del Sud e quelle che operano al Nord o comunque su scala nazionale. Così che se Esselunga ed Iper (al Nord e sulla costa adriatica), riferiscono di rifornimenti al 90-95% («da stanotte però vediamo…»), da Auchan (gruppo diffuso in tutta Italia) parlano di più di un camion che manca all’appello («soprattutto al Sud»), di qualche pneumatico tagliato e dei primi buchi nell’approvvigionamento dei «freschissimi»: «Ma la situazione — dicono dalla Direzione Relazioni esterne — è finora sotto controllo». Unicoop Tirreno raccoglie invece 110 punti vendita che dalla costa della Toscana scendono fino alla Campania. A parte l’irraggiungibile supermercato di Massa Carrara, la Toscana rifornita dal magazzino di Orbetello se l’è cavata. Lazio e Campania, invece, riforniti dal centro di Anagni, da domenica sono in sofferenza. «Da lunedì abbiamo messo cartelli per avvisare i clienti che non avrebbero trovato tutta la merce, interi camion di pesce sono andati persi — spiegano da Unicoop Tirreno, che per far fronte al blocco dei Tir ha dato vita a una sorta di unità  di crisi —. Da mezzogiorno di ieri sono rimasti praticamente solo quelli: colpa del mancato approvvigionamento, ma anche di una sorta di psicosi che ha fatto comprare a molti più del dovuto».
Quei 50 milioni persi e i rincari
Il settore agroalimentare è il più colpito in assoluto. Con le sue 525 mila tonnellate di prodotti che ogni giorno viaggiano su gomma: «Quasi il 10% sono deperibili — dicono dalla Coldiretti —. Ogni giorno si perdono 50 milioni di euro». Solo il consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana ha stimato 600 mila euro di danni sul fatturato in 24 ore: 4.900 sono stati i quintali di latte non raccolti negli allevamenti Dop, pari a 750 quintali di mozzarella non prodotti. Ieri nei mercati all’ingrosso di Firenze è arrivato solo il 30% della merce attesa. A Milano, afferma Dino Abbascià , presidente degli alimentaristi di Confcommercio, il 20%: «C’erano diverse scorte e per questo i punti vendita sono rimasti comunque riforniti, ma già  si registrano rincari del 10% nel settore ortofrutticolo. E da stanotte, se la protesta non si ferma, saranno guai». Il primo guaio è il prezzo delle zucchine registrato ieri all’ingrosso: da un euro e 40 centesimi è passato a quasi tre euro.


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