E la firma del senatore manda in tilt i democratici

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Ci aveva provato ad agosto 2011 nella manovra finanziaria e il Pd era con lui. Ma la maggioranza di centrodestra lo aveva fermato per un voto. C’era riuscito il 24 gennaio scorso, il giorno prima di dimettersi da tesoriere della Margherita, una settimana dopo essere stato interrogato dai pm che hanno scoperto la cresta di 13 milioni sul conto del suo ex partito. Quella di Luigi Lusi per il diritto al risarcimento di chi è stato ingiustamente detenuto è una vecchia battaglia, precedente ai suoi guai giudiziari. Due settimane fa, quando solo lui (oltre a Rutelli) sapeva quello che gli stava piovendo sulla testa, aveva segnato la sua prima vittoria. Perché l’aula del senato, all’unanimità  e con il parere favorevole della ministra della giustizia Severino, aveva approvato il suo emendamento alla legge di conversione del decreto sulle carceri. Stabilendo così che il diritto a «un’equa riparazione» in caso di detenzione ingiusta deve spettare anche a chi è stato riconosciuto innocente prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che nell’ottobre 1989 ha introdotto il risarcimento. L’emendamento, bloccato per ragioni di copertura finanziaria, era stato poi ammesso perché aveva retrodatato il diritto al risarcimento solo di un anno e mezzo, al luglio 1988.
«A me pare pacifico che tutti, senza limiti di tempo, devono avere diritto a essere risarciti per una detenzione ingiusta», spiega il senatore Casson che ha firmato l’emendamento Lusi assieme a una decina di colleghi del Pd, dell’Udc, del Pdl e radicali., «ma di fronte a un vincolo di bilancio avevamo scelto di intervenire comunque dando un primo segnale». Il Pd era d’accordo, tutti erano d’accordo, governo compreso. Due settimane dopo, però, con Lusi nella bufera, tutto è cambiato. Ieri la commissione affari costituzionali della camera ha bocciato la norma. Ritenendola incostituzionale perché viola il principio di eguaglianza visto che esclude dal risarcimento chi è stato assolto prima del luglio 1988. I deputati del Pd hanno orgogliosamente votato contro l’emendamento del loro ex compagno di partito (è stato espulso lunedì), rivendicandolo in un comunicato. La Lega per la verità  ha fatto di più, abbandonando i lavori. La commissione bilancio non ha trovato nulla da eccepire sulla copertura, ma la ministra della giustizia ha corretto se stessa. «La cosiddetta norma Lusi – ha detto – è stata presentata al senato, un po’ all’ultimo momento, il governo non ha espresso condivisione, ma solo parere favorevole». L’imbarazzo e i tentativi di correzione si sono però infranti sull’esigenza di convertire velocemente il decreto, che scadrà  il prossimo 20 febbraio. Così ieri pomeriggio il Consiglio dei ministri ha autorizzato la fiducia sul testo uscito dal senato e la ministra ha fermato i democratici. «È un pasticcio che dobbiamo ingoiare – dice Donatella Ferranti del Pd, relatrice in aula e contrarissima alla norma Lusi – cercheremo di correggerlo con nuove leggi. Il diritto al risarcimento è stato introdotto dal nuovo codice di procedura e tentare di retrodatarlo crea solo altre ingiustizie». Secondo Ferranti quei fondi andrebbero impiegati in altro modo, per esempio assumendo il personale civile dell’amministrazione penitenziaria.
Ieri fino a notte la Lega è andata avanti con l’ostruzionismo in aula, oggi il governo metterà  la questione di fiducia per evitare una terza lettura del decreto. E al di là  delle intenzioni sarà  difficile cancellare poi quel diritto al risarcimento che viene riconosciuto adesso. Chi è stato assolto definitivamente dopo il 1° luglio 1988 può dunque preparare la richiesta: in media lo stato riconosce 100mila euro per ogni anno di detenzione ingiusta, fino a un massimo di 516mila euro. Per qualche giorno non rientrerà  nel risarcimento il sindaco di Milano Pisapia, che come si ricorda dalle false accuse di Letizia Moratti è stato ingiustamente detenuto per 4 mesi, ma la sua vicenda giudiziaria si è chiusa nell’aprile 1988. Avrà  diritto al risarcimento invece Giulio Petrilli che negli anni Ottanta con l’accusa di banda armata ha scontato sei anni di carcere, risultando poi innocente. C’è lui dietro le battaglie di quanti sono stati esclusi dal codice del 1989. Ex del Pd e abbruzzese dell’Aquila, era stato Petrilli a convincere il senatore Lusi.


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