I BAMBINI PIà™ SOLI SENZA “CASA BOLLEA”

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C’era una volta l’Istituto di neuropsichiatria infantile fondato da Giovanni Bollea nel ’46, un centro di eccellenza all’avanguardia in Europa dove sono stati curati bambini e adolescenti gravissimi di tutto il centro-Sud. Anche questo gioiello professionale e culturale, oggi sembra perduto. Tanto che ieri sera – in via dei Sabelli, a Roma, nel quartiere di San Lorenzo – è andato in scena il suo “funerale”, una singolare protesta degli operatori contro il rischio della chiusura (con politici, attori, musicisti). 
Difensore del “suo” Istituto fino allo stremo delle forze, non c’è più Bollea, scomparso un anno fa. In quell’occasione si sono alzate molte voci, anche quella del presidente Napolitano, a favore della storica clinica universitaria dove sulla porta d’entrata si legge ancora il nome del fondatore e nel corso degli anni i migliori neuropsichiatri infantili hanno lavorato in équipe con psicoanalisti e terapeuti di gruppo. Èqui che Marco Lombardo Radice ha vissuto la sua stagione “rivoluzionaria”, un’esperienza quasi romanzesca che ha ispirato nel ’93 Il grande cocomero dell’Archibugi. E qui ha lavorato Adriano Giannotti – tra i grandi studiosi di psicoanalisi infantile, anche a livello internazionale, sulla scia delle conoscenze kleiniane e delle ricerche innovative di Donald Winnicott e Bruno Bettelheim.
Oggi non è la qualità  a scarseggiare, ma non c’è una personalità  carismatica e neppure ha giocato a favore la surreale convivenza con la pediatria nella stessa “macroarea”. Di fatto è già  dal luglio del 2010 che “l’Istituto” non esiste più, da quando è confluito nel nuovo dipartimento, dove si curano le coliche gassose dei neonati e gli esordi psicotici in età  evolutiva.
Sempre più stentata anche la collaborazione con una scuola prestigiosa come l’Istituto Winnicott, diretta da Vincenzo Bonaminio, didatta della Società  psicoanalitica italiana e professore aggregato presso il dipartimento. Èlui a dire: «Da vent’anni abbiamo contribuito, sul piano scientifico e clinico, a valorizzare questo centro. Formalmente è ancora così, ma ormai solo una decina di bambini all’anno può contare su una psicoterapia che non dura mai più di dieci mesi…».
Il centro legato al nome di Bollea è stato un fiore all’occhiello del servizio pubblico italiano, che non andrebbe strappato con una politica indiscriminata dei tagli. I tempi d’oro sono alle spalle, ma il coro funebre di oggi non può cancellare la speranza che anche questa sia una favola a lieto fine.


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