Il caso Lusi spaventa i partiti Bersani-Casini: subito una legge “Sui finanziamenti serve la massima trasparenza”

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ROMA – Case di vetro, dove poter guardare attraverso. Dentro le scelte, i bilanci, i finanziamenti. Dove qualcuno controlli, da fuori, non solo all’interno. Dopo lo scandalo Lusi – il tesoriere che ha stornato 13 milioni di euro alla defunta Margherita – la politica scopre che i partiti dovrebbero essere questo. Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini si incontrano di prima mattina a Montecitorio, e dicono, insieme, che è ora di attuare l’articolo 49 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». 
Servono regole. «Anche sulla spinta dei presidenti delle Camere – dice il segretario pd – chiediamo che si metta in rapida discussione e approvazione una legge sui partiti. Ci sono cinque o sei proposte depositate, si può partire da lì». Bisogna fare in fretta però: «È un’urgenza al primo posto, diamoci tempi strettissimi». Per il leader Udc, «entro una settimana si può approvare un testo in commissione». Bersani spiega la sua posizione al Tg1: «Non un euro se i bilanci dei partiti non sono certificati, non un euro se non viene esplicitato il meccanismo di partecipazione interna, non un euro se l’insieme dei finanziamenti non corrisponde alla media europea». E rivendica: «Il Pd si è dotato alla sua nascita di bilanci certificati e di una commissione di garanzia come tribunale interno». 
L’Italia dei Valori prova a bruciare tutti sul tempo. Antonio Di Pietro annuncia una proposta che verrà  depositata oggi alla Camera. Il testo prevede «il dimezzamento degli attuali rimborsi elettorali e l’ammissibilità  a riceverli solo per quelle forze politiche che, nelle elezioni corrispondenti, abbiano totalizzato almeno il 2 per cento dei voti validi». Tutto dietro presentazione di regolamentari fatture che documentino le spese sostenute. In più, c’è il divieto per le imprese pubbliche o misto pubblico-private di finanziare i partiti, e l’introduzione del reato di finanziamento illecito, punibile fino a sei anni, per chi dà  o riceve contributi oltre ai cinquemila euro senza denunciarli». Oggi, la soglia oltre la quale bisogna dichiarare chi eroga finanziamenti a un partito è di 50mila euro. Per le fondazioni politiche invece non c’è nessun obbligo di trasparenza.
In realtà , di proposte impolverate nelle varie commissioni Affari costituzionali ce ne sono già . Il ddl Veltroni a Montecitorio e quello Ceccanti a Palazzo Madama prevedono il finanziamento pubblico solo per i partiti con democrazia interna e trasparenza, e impongono la partecipazione delle minoranze interne alla gestione finanziaria. Nel testo presentato da Marco Follini (Pd) e Gianpiero D’Alia (Udc) al Senato, invece, si attribuisce ai partiti personalità  giuridica, si stabiliscono i contenuti minimi di uno statuto, si prevede che «per favorire la partecipazione attiva dei giovani alla politica ogni partito destini alla loro formazione almeno il 5 per cento dei rimborsi ricevuti», e si mette un tetto alle spese: «Non possono superare la somma risultante dalla moltiplicazione di un euro per il numero complessivo degli aventi diritto al voto». Infine, viene istituita al Viminale una commissione di controllo sulle associazioni private che godono di finanziamenti pubblici. 
Ci prova anche Vincenzo D’Anna (Popolo e Territorio) a tirar fuori dal cassetto la proposta fatta insieme a Ugo Sposetti, tesoriere dei ds e deputato pd. Non ricorda però che quel ddl – presentato ad aprile 2011 – prevedeva un contributo pubblico aggiuntivo di 185 milioni di euro da erogare alle fondazioni politiche. La proposta era stata firmata da 56 parlamentari di tutti gli schieramenti. In tempi di crisi, era stata saggiamente messa da parte.


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