SUPPLEMENTO DI CORAGGIO

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E che per proteggere le votazioni in corso sulle liberalizzazioni alla fine adotta il metodo della campanella. Nessuno scandalo, per carità , solo l’annotazione di come nella stagione del governo tecnico i partiti subiscano quasi fisicamente l’assedio dei gruppi di pressione, che invece anche nelle mutate condizioni sembrano conservare intatta la loro force de frappe. Ma quale che sia alla fine l’orientamento delle commissioni parlamentari, il governo non può permettersi assolutamente di segnare il passo. Liberalizzazioni e lavoro costituiscono quasi simbolicamente un unico banco di prova per l’esecutivo presieduto da Mario Monti. Rappresentano l’irrinunciabile pars construens dell’azione di governo.
La verità  infatti è che in questo scorcio di febbraio, nel quale fortunatamente lo spread ha preso a camminare a mo’ di gambero, è avvenuto senza che ce ne accorgessimo uno slittamento lessicale. Abbiamo, tutti, sempre maggior pudore a pronunciare o a scrivere la parola «crescita». Ci siamo forse inconsapevolmente arresi all’idea che lo sviluppo non si fa per decreto, che a Palazzo Chigi — come direbbe un redivivo Nenni — non ci sono quei mitici bottoni da premere per generare immediatamente fatturato e posti di lavoro. Abbiamo capito che invertiremo la tendenza del Pil solo quando le condizioni di contesto internazionale saranno più favorevoli e i nostri imprenditori avranno ritrovato coraggio e spazio per le loro iniziative. Ma proprio perché abbiamo compreso che anche i migliori tra i tecnici non possiedono nella loro dotazione la bacchetta magica pro crescita, dobbiamo essere intransigenti sulle liberalizzazioni e il lavoro. Lo dobbiamo non perché il medico ci ha prescritto di essere obbligatoriamente liberali ma perché quella crescita che è oggi fuggita dai nostri discorsi domani potrà  rientrarvi proprio in virtù delle condizioni di apertura dei mercati e di massimizzazione delle chance dei giovani che avremo creato.
Ieri il governo ha pubblicato sul suo sito un documento che riepiloga in maniera ordinata ed efficace i provvedimenti adottati nei primi 100 giorni. Chapeau. Ma non è un caso che quel documento cominci con le misure del rigore, con il salva Italia. È questa finora la cifra dell’azione del governo e lo diciamo non certo per sminuire il valore e il coraggio di alcune scelte come il completamento della riforma previdenziale. Se lo spread è sceso, se tutti gli osservatori internazionali concordano nel dire che Monti «ha fatto un lavoro eccezionale» — lo ha ricordato anche l’ambasciatore cinese Ding Wei — è perché i mercati hanno capito che gli italiani stavolta fanno sul serio. Ma siccome la cultura degli uomini che ci governano non è meramente rigorista, il passaggio su liberalizzazioni e lavoro serve a far emergere l’intera caratura del gabinetto Monti. Non si abbia timore, se dovesse essere necessario, di presentare un maxiemendamento che protegga la scelta di separare Snam da Eni, che non lasci ai Comuni l’intera potestà  della liberalizzazione del servizio taxi, che sia coerente nell’aprire i servizi finanziari e assicurativi. Quel maxiemendamento si rivelerà  una clausola di salvaguardia non solo per il corretto iter parlamentare del provvedimento ma anche del rapporto di fiducia con il Paese reale.


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