Tifoso ucciso, confermato il verdetto. Spaccarotella andrà  in carcere

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Silenzio e commozione quando il presidente della prima sezione, Paolo Bardovagni, legge la sentenza: ci sono il papà  Giorgio, la mamma Daniela, il fratello Cristiano e una cinquantina di amici di «Gabbo», stroncato a 26 anni da un colpo di pistola sull’Autosole. Fuori dall’aula è il momento degli abbracci e delle lacrime: si chiude il processo, restano i ricordi. Dalla tragedia nell’area di servizio Badia al Pino, vicino ad Arezzo, alla rabbia degli ultrà  esplosa poche ore dopo. Caserme assaltate, cassonetti e bus incendiati, la sede del Coni devastata: Roma nord tenuta in ostaggio per ore.
Il Viminale, che ha sospeso Spaccarotella dopo il rinvio a giudizio, ha risarcito la famiglia di «Gabbo» con due milioni di euro circa. È una cifra che nessuno vuole confermare, nemmeno l’avvocato Michele Monaco: ciò che conta è la sentenza della Cassazione. Perché, sostiene il fratello Cristiano, avvocato, se fosse stata confermato il verdetto di primo grado (sei anni per omicidio colposo), «le strade si sarebbero trasformate in un Far West: chiunque munito di pistola si sarebbe sentito legittimato a usarla in modo scriteriato». Una decisione «vergognosa, raccapricciante», sottolinea papà  Giorgio, dopo la quale «la verità  ha avuto difficoltà  a emergere». Ma alla fine, aggiunge, «siamo riusciti ad avere giustizia» e adesso «posso riflettere se perdonare Spaccarotella». A condizione che «dica tutta la verità » e che lo chieda, il perdono.
I difensori del poliziotto, Federico Bagattini e Francesco Molino, hanno sostenuto che «Gabbo» è morto per un tragico errore, poiché il proiettile era diretto alle gomme. La Cassazione però ha accolto la tesi del sostituto pg, Francesco Iacoviello, secondo cui Spaccarotella «voleva colpire l’auto e l’ha colpita. La vittima è stata attinta alla gola e se ci fosse stata una deviazione della rete, al massimo, sarebbe stata attinta al petto». 
L’agente ha atteso la sentenza a casa, ad Arezzo, con la moglie, i due figli e un gruppo di amici. Alla notizia della condanna ha pianto, ha guardato i bambini e si è chiesto: «Come faranno senza di me?». Con l’avvocato Bagattini però si è fatto coraggio: «Ho ancora fiducia nella giustizia. Affronterò questa situazione da uomo». 
I sindacati di polizia prendono atto: «Una sentenza che ci amareggia, anche se non ci stupisce» (Consap); «Con dolore e sofferenza verso il collega, rispettiamo il verdetto della Suprema Corte» (Sap).


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