Angeletti rafforza il «fronte del no»

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ROMA — Oggi Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti dovrebbero incontrarsi per tentare di trovare una posizione comune nella trattativa sulla riforma del mercato del lavoro. Ieri è stata la giornata dei tatticismi. Da parte di tutti. Del presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha sparso ottimismo sull’accordo. Del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che tuttavia ha confermato: «Andremo in Parlamento anche senza intesa». Della Cgil di Camusso, la più distante dalla firma, che è rimasta in silenzio, quasi a dire che non ha altro da aggiungere mentre spetta al governo decidere se vuole andare allo scontro o no. Della Uil, con Angeletti che, a sorpresa, si è staccato dalle posizioni dialoganti della Cisl e si è arroccato anche lui sul no alle proposte del governo sull’articolo 18 (licenziamenti). Angeletti è diventato intransigente perché è convinto che l’accordo non ci sarà  e allora gli conviene non lasciare la piazza a Camusso oppure sta semplicemente aumentando il pressing su Monti affinché giunga a più miti consigli e l’intesa sia possibile? Stessa domanda si può porre a proposito del no annunciato a nome di Rete Imprese Italia (artigiani e commercianti) da Marco Venturi se il governo non correggerà  i capitoli della riforma che riguardano il riordino dei contratti e gli ammortizzatori sociali.
Confartigianato, intanto, ha convocato per mercoledì una giunta straordinaria, spiega il segretario generale Cesare Fumagalli, non solo per confermare il no, se Monti nel frattempo non cambierà  le sue proposte, ma anche per «disdire tutti gli accordi e i contratti di settore». Una mossa, aggiunge, «che ci dispiacerebbe. Ma se il governo ci carica di nuovi contributi sui contratti temporanei e irrigidisce gli stessi non abbiamo alternative. Disdicendo i contratti potremmo recuperare risorse, azzerando i contributi per la sanità  e la previdenza complementare. Cose che abbiamo costruito insieme col sindacato e di cui siamo fieri, ma che saremmo costretti a rivedere davanti all’indisponibilità  del governo». Anche qui, le ragioni reali di scontento si mischiano alla tattica. Funzionerà ? Artigiani e commercianti dovrebbero vedere Fornero oggi e potrebbero già  cominciare a portare a casa qualche risultato.
Ma la trattativa vera comincerà  domani a Palazzo Chigi, sotto la regia dello stesso Monti. Che vuole chiudere entro la settimana, prima della partenza per la visita in Oriente. Il premier mira al risultato massimo: fare l’accordo con tutti, ma su una riforma vera che modifichi nettamente anche l’articolo 18. Sa che è difficile. Allora usa il bastone e la carota. Ai sindacati, che sono restii ad accettare di infrangere il tabù, ha detto che senza intesa lui si sente libero di procedere alla modifica più radicale dell’articolo 18, lasciando il diritto al reintegro solo sui licenziamenti discriminatori e sostituendolo in tutti gli altri casi con un indennizzo. Ma Monti in realtà  ha le mani libere fino a un certo punto. L’ok ottenuto qualche giorno fa nel vertice con i segretari Abc (Alfano, Bersani e Casini) è su una proposta più morbida che affida al giudice la decisione tra equo indennizzo e reintegro nel caso dei licenziamenti disciplinari, limitando il solo indennizzo ai licenziamenti per motivi economici. 
Uscire da questa mediazione è complicato. Se la indurisce scatena la protesta dei sindacati, Cisl compresa, e a quel punto il Pd non ce la fa più a sostenere i provvedimenti in Parlamento. Se la ammorbidisce, magari per recuperare la Cgil all’accordo, si mette la Confindustria e il Pdl contro, rischiando di essere penalizzato sui mercati finanziari. I margini di manovra, insomma, sono minimi. Per questo Camusso si prepara allo scontro e Angeletti è a un passo dal farlo. Spiegano i suoi collaboratori: «Come si fa a fare le assemblee in fabbrica per spiegare ai lavoratori che possono essere licenziati per motivi disciplinari? Che sono questi motivi? E poi gli diciamo pure che sarà  il giudice a decidere se reintegrare o indennizzare? Così aumentiamo solo le incertezze e le paure. Noi questa cosa non la reggiamo». Il leader dell’Ugl, Giovanni Centrella, pensa che per il sindacato sarebbe meglio presentare una proposta unitaria al governo, «ma abbiamo poco tempo». Oggi il sindacato ci proverà .


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