L’epurazione di Alemanno

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Ventidue pagine fitte di nomi, tabelle, dati e schede per denunciare l’«epurazione del terzo settore non allineato» – in particolare nei servizi per le tossicodipendenze – e «delle organizzazioni storiche che gestivano da più di 20 anni questa attività », e la loro «sostituzione con associazioni e cooperative di area o comunque vicine all’attuale giunta di centrodestra». Un intreccio di nomi e rapporti che descrivono un sistema politico che punta ad «assumere il controllo totale» del settore. Uno «spoil system che però non valorizza altri talenti e competenze, ma vecchie e nuove relazioni», quello denunciato ieri nella sala stampa del Senato dal Coordinamento nazionale delle comunità  di accoglienza e dal Roma Social Pride, una rete di persone, enti e istituzioni che lavorano da tempo nel volontariato e nella cooperazione sociale.
«Qual è la priorità  che guida il Comune di Roma nella destinazione dei fondi per le tossicodipendenze, l’aiuto alle persone in difficoltà  o il sostegno alle organizzazione amiche?». Alla domanda che provocatoriamente pongono le associazioni del privato sociale, visto l’esito dei bandi con cui il comune ha finanziato i servizi cittadini per le dipendenze, si risponde meglio se si analizza la gestione dei fondi comunali e regionali messi a disposizione dell’Agenzia comunale per le tossicodipendenze (Act) che fa capo a tutto il settore. Ci sono chicche che vale la pena raccontare subito, tanto per inquadrare meglio l’orizzonte in cui ci si muove: se per esempio il presidente dell’Act, Massimo Canu, decide di ridurre fortemente i fondi da sempre destinati agli inserimenti lavorativi delle persone tossicodipendenti («da 1,233 milioni di euro ai 500 mila euro previsti nei nuovi bandi, per quanto riguarda il fondo regionale», secondo il dossier) e di spostarli a favore del sistema di prevenzione (a quei 733 mila euro vanno poi aggiunti per la prevenzione altri 500 mila euro presi dal fondo comunale dedicato ai servizi di cura) si sarebbe quasi tentati di apprezzare una certa lungimiranza del dottor Canu. «Benissimo, la prevenzione è cruciale», è il commento sarcastico di don Armando Zappolini, presidente del Cnca, e di Carlo De Angelis, portavoce del Roma Social Pride, che hanno presentato il dossier. Il colpo allo stomaco arriva quando si scopre cosa intende Canu per «prevenzione»: a parte il fiorire di sportelli e centri «d’informazione», i progetti di prevenzione su internet (finanziamento annuo: 39 mila euro) e di «comunicazione in rete» (42.500 euro), ci sono addirittura «100 mila euro stanziati per cinque progetti di “prevenzione in età  prescolare”». «Avete capito bene – sottolineano gli estensori del dossier – spenderemo questi soldi per prevenire il consumo di droghe tra i bimbi di 2, 3 o 4 anni».
Si legge poi di servizi drasticamente tagliati (come quelli diurni e notturni “a bassa soglia” che passano da 9 a 4) o di servizi di cura che malgrado la maggiore disponibilità  di finanziamenti («il fondo comunale per le tossicodipendenze è stato aumentato di 500 mila euro nel 2010, segno che il comune ci tiene, che i soldi ci sono più di prima, ma che si decide di impegnarli diversamente», spiega il Cnca) dovranno essere garantiti con uno stanziamento di denaro per persona fortemente ridotto. «Tanto che alcuni dei bandi sono andati deserti – raccontano – perché con i soldi messi a disposizione dall’Act non si riesce a coprire le spese per nuove strutture, più grandi e con più servizi per rispondere alle esigenze di più utenti». In questo contesto «i 4 gruppi aderenti al Cnca che gestivano in precedenza 10 servizi, si riducono a un unico gruppo con un unico servizio», mentre «una quindicina di nuove organizzazioni accedono, per la prima volta, ai finanziamenti del Fondo comunale gestito dall’Act (3,5 milioni di euro di cui 2,519 messi a bando)».
Si tratta di gruppi e associazioni in larga parte molto vicini, secondo il Cnca e il Roma Social Pride, all’area politica del sindaco di Roma e a una certa visione della politica sulle tossicodipendenze. Come il Modavi (Movimento delle associazioni di volontariato italiano), «l’associazione fondata tra gli altri da Gianni Alemanno, e che ha come sponsor Fabio Rampelli e Giorgia Meloni, e nelle cui fila è cresciuto proprio Massimo Canu, il presidente dell’Act». «Dal Modavi viene anche il capo dipartimento dell’ex ministro dei Giovani, Andrea Sergio Fantoma, la sorella dell’onorevole Rampelli, anche lei impiegata presso il ministero guidato dalla Meloni e nominata il 3 marzo scorso componente del comitato scientifico dell’associazione, e pure la moglie di Canu, Maria Teresa Bellucci, dirigente dell’assessorato capitolino alla Famiglia e ai Giovani a cui fa capo la delega per le tossicodipendenze e l’Act». Un intreccio che non attesta certamente alcun illecito ma che la dice lunga sulla gestione politica dei servizi pubblici. 
Sul caso, i senatori Pd Franceso Ferrante, Vincenzo Vita e Roberto Della Seta hanno già  presentato un’interrogazione ai ministri Riccardi e Cancellieri per conoscere i motivi di tale «epurazione». La risposta, per nulla inconsapevole, la dà  Luca Gramazio, capogrupo Pdl di Roma Capitale, definendo «un gran polverone», quello sollevato dal Cnca e dal Social Pride, che «dimostra l’evidenza di un’osmosi politica tra questi enti e le precedenti amministrazioni comunali di centrosinistra». Un punto di vista che è quasi un’ammissione.


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