Semplificazioni da abolire

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Quando si scrive una legge si decide anche cosa è importante per un governo, si stabiliscono delle priorità . Anche nel «decreto semplificazioni» del 9 febbraio si rende evidente una logica. Per esempio: tutto quel che è previsto nell’art. 14 «non si applica ai controlli in materia fiscale o finanziaria».
I precedenti cinque commi avevano invece parlato di «semplificazioni» per una serie di verifiche da fare nelle aziende. Specie in materia di sicurezza. Trasparente lo scopo: evitare di rallentare la normale attività  produttiva, in modo da massimizzare le possibilità  di produrre Pil. E gli esperti di sicurezza sul lavoro avevano immediatamente colto i punti più scabrosi. 
«Soppressione o riduzione dei controlli sulle imprese in possesso della certificazione per la qualità  (Iso 9001)», o altra «appropriata», recita un comma. Un appello che sta circolando in queste ore – primi firmatariValeria Parrini Toffolutti, presidente associazione nazionale contro le morti sul lavoro, e Dante De Angelis, macchinista Fs delegato per la sicurezza, per questo due volte licenziato e riassunto – chiede al governo e a tutte le forze politiche di rivedere il testo, cancellando queste «esenzioni» pericolose. Non si capisce infatti perché una certificazione di qualità  del prodotto (come l’Iso 9001) dovrebbe in qualche modo garantire che il processo lavorativo sia privo di rischi per i dipendenti. Probabilmente ne sono dotate le grandi società  che stanno costruendo la Metro C di Roma (Astaldi, Vianini, Ansaldo, ecc), dove tre giorni fa ha trovato la morte un operaio di 26 anni, appena assunto. Ma questo non ha impedito al giovane Luigi Termano di precipitare in un pozzo profondo oltre 30 metri. Né la qualità  del latte Brescialat ha trattenuto a un giovane indiano, ieri, dal cadere da una cisterna.
Gli altri aspetti incomprensibili riguardano l’obbligo per gli ispettori di «collaborazione amichevole con i soggetti controllati» (chissà  se è stato rivolto anche ai finanzieri inviati a Cortina o Portofino a verificare l’emissione di scontrino); nonché la «programmazione dei controlli» tenendo conto «dell’esito delle verifiche già  effettuate». Insomma, buona la prima visita, poi – se è ok – basta.
Il decreto è in discussione in Parlamento, e proprio ieri è statto presentato un disegno di legge «bipartisan» sulla sicurezza, che però si concentra soltanto sul meccanismo degli «appalti al massimo ribasso». Pratica quasi criminale, specie in edilizia, ma che da sola non esaurisce davvero le fonti di serio pericolo sul lavoro.
La Cgil è tornata con forza a chiedere di «intensificare i meccanismi di controllo», invertendo la tendenza – inaugurata dai governi Berlusconi, ma incentivata da quello in carica – ad «alleggerire» la pressione nella speranza di veder tornare «la crescita». Vincenzo Scudiere, della segreteria confederale, oltre a ricordare l’alto numero di morti in questi primi due mesi, ha invitato «i ministri competenti a incontrare i sindacati che rafforzare le norme per la prevenzione».
Invito giusto, ma suna strada che appare in salita. Dall’altra parte c’è infatti una cultura «efficientista» che tiene conto soltanto dei parametri economic. E la sicurezza del lavoro, indubbiamente, «costa». Sia alle imprese (investimenti), che allo Stato (ispettori, mezzi e strumenti). Ma se non si vuol dar l’impressione che la corretta emissione di uno scontrino sia più importante della tutela di una vita…


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