I dati negativi sull’occupazione preoccupano Wall Street

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NEW YORK- I dati negativi sull’occupazione negli Stati Uniti diffusi giovedì hanno fatto male alla borsa di New York, che ha riaperto ieri dopo la chiusura di venerdì per il Good Friday. A pesare sugli indici di Wall Street e del Nasdaq – mediamente sotto dell’1% a trequarti di seduta – sono stati i dati sul mercato del lavoro di marzo, andati giù dopo che in gennaio e in febbraio l’occupazione era salita. La situazione restava comunque grave, ma quei due segni più spingevano la campagna elettorale del presidente Barack Obama, che si gioca il rinnovo del mandato proprio sui temi economici.
Prima dell’apertura negativa di New York, ieri la borsa di Tokyo aveva terminato gli scambi a ridosso dei minimi di seduta (-1,47%), scontando anch’essa la delusione sui dati dell’occupazione Usa che a marzo ha aggiunto 120.000 nuovi posti di lavoro, meno dei 200.000 attesi e dei 240.000 di febbraio. L’indice Nikkei ha ceduto 142,19 punti, a quota 9.546,26, anche per le nuove turbolenze di Eurolandia che aiutano la risalita dello yen su dollaro (sceso a 81,42) ed euro.
A Wall Street, l’unica notizia davvera buona è arrivata dalla corsa ai brevetti. Aol ha raggiunto un accordo con Microsoft per la cessione di 800 brevetti per circa 1,1 miliardi di dollari, facendo volare il titolo Aol del 44%. L’accordo tra le due compagnie dell’information technology segue l’acquisizione da parte di Google di Motorola Mobility, soprattutto per mettere le mani sul vasto portafoglio brevetti della società  telefonica e le numerose offerte per l’acquisto dei brevetti Nortel Networks. La borsa americana ora attende la stagione delle trimestrali che, come di consueto, sarà  aperta da Alcoa oggi. Buone notizie sono attese giovedì dai dati di Google e venerdì da JPMorgan e Wells Fargo.
Intanto, scrive il New York Times, gli acquisti di titoli di stato da parte delle banche spagnole e italiane alimentano i timori sul livello di rischio: anche se la paura è diminuita rispetto ad alcuni mesi fa, «spie luminose» si sono accese di nuovo su Spagna e Italia, i «due paesi considerati più suscettibili di un secondo round di problemi». Il quotidiano sottolinea che fra «novembre e febbraio, periodo durante il quale la Bce ha prestato oltre 1.000 miliardi di euro a 800 banche europee, i titoli di Stato in capo alle banche spagnole sono aumentati di 68 miliardi di euro mentre, quelli a capo alle banche italiane di 54 miliardi di euro». «Alcuni economisti – mette in evidenza il New York Times – si attendono che l’area euro entri in una lieve recessione e non più in una profonda recessione come precedentemente temuto, soprattutto ora che l’economia americana mostra segnali di ripresa».


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