In Italia sempre meno lavoro 3 milioni non cercano più un posto

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ROMA – Salta l’esenzione dai ticket per i disoccupati? No, «è un refuso». Il giallo si chiarisce a metà  pomeriggio quando il ministero del Lavoro definisce ufficialmente in questo modo la norma contenuta nel disegno di legge sul mercato del lavoro in questi giorni all’esame del Senato. I collaboratori di Elsa Fornero annunciano ufficialmente un emendamento del governo per ripristinare l’esenzione tolta nella prima versione del ddl. Il comma 1 dell’articolo 64 del disegno di legge bloccava infatti l’esenzione «in favore dei disoccupati e dei loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con reddito complessivo inferiore a 8263,31 euro».
La relazione illustrativa del provvedimento spiegava che i disoccupati avrebbero dovuto pagare il ticket in conseguenza dell’«estensione della platea dei beneficiari dei trattamenti di sostegno al reddito». In sostanza, l’arrivo del sussidio di disoccupazione (Aspi) avrebbe consentito ai disoccupati di pagare il ticket contribuendo in questo modo, almeno in parte, a ripagare l’erogazione del sussidio. Una partita di giro, proposta dai tecnici della Ragioneria dello Stato per far quadrare i conti della riforma.
Ma anche un provvedimento assai impopolare. Fin dal primo pomeriggio i commenti dei partiti del centrosinistra e dei sindacati sono stati durissimi: «Incredibile accanimento contro i più deboli» per la Cgil, «un caso maniacale», per la Cisl. Il Pd promette immediatamente la presentazione di un emendamento. Le opposizioni attaccano il governo. La Commissione finanze del Senato, che aveva esaminato il testo nei giorni scorsi, aveva parlato di «disattenta scelta nei confronti dei soggetti a redditi più bassi».
Alle 18 la nota del ministero del Lavoro che annuncia il ritiro della norma: «Con riferimento alle notizie circa lo stop all’esenzione dal ticket sanitario per i disoccupati, il ministero precisa che ha già  rilevato il refuso e pertanto dà  assicurazione che ne farà  oggetto di una proposta emendativa». Secco il commento di Bonanni: «Meno male che era un refuso».
Certo la giornata non era favorevole ad annunci punitivi nei confronti dei redditi dei disoccupati. Proprio ieri infatti l’Istat ha diffuso gli ultimi dati sul numero dei senza lavoro in Italia. Una cifra che supera i 5 milioni di persone. Quel che colpisce non è solo il numero di coloro che non hanno lavoro e lo stanno cercando (2.108.000 nel 2011) ma il gran numero di chi il lavoro non ce l’ha, vorrebbe avercelo ma non lo cerca più. Si tratta di 2.897.000 italiani che entrano nella categoria degli «inattivi». E la loro quota rispetto alle forze lavoro è dell’11,6%, dato superiore di oltre 3 volte a quello medio Ue. Il 43 per cento di loro è ormai diventato fatalista, sostiene di non cercare più il lavoro perché tanto la ritiene una fatica inutile. Mentre le donne che non cercano più lavoro si dedicano alla cura della famiglia, gli uomini inattivi attendono semplicemente che abbiano un effetto positivo le domande di lavoro presentate in precedenza. In Italia, osserva ancora l’Istat, il numero degli inattivi è triplo rispetto alla media dei paesi europei.


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