«I professori non si capiscono, io sono chiaro»

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ROMA —  Un altro pasticcio.
«Un altro che?».
Un altro pasticcio.
«Sbaglia, io non faccio pasticci: io, casomai, finisco dentro qualche baruffa, dalla quale, comunque, alla fine esco dimostrando di avere sempre ragione. E di baruffe, finora, io ne ho contate solo due. Perché quella di domenica sera non vale».
Sottosegretario Gianfranco Polillo: non vale, scusi, in che senso?
«Non vale. Punto».
I fatti dimostrano però il contrario. Lei, durante la trasmissione «In Onda» su La7, parlando dei cosiddetti «esodati», ha affermato che i loro accordi si possono anche annullare e…
«È una tempesta in un bicchiere d’acqua. Perché io, lì, sugli schermi de La7, per un’ora intera ho cercato di difendere la linea del governo, provando a tranquillizzare quei disgraziati di esodati, che erano giustamente preoccupati e furibondi… tanto che…».
Tanto che?
«Beh, mi sono pure beccato una serie di insulti. Però non ci ho badato. Capivo lo stato d’animo di quelle persone. Poi però esco dagli studi televisivi e che trovo? Trovo un eccentrico comunicato diramato dal ministero del Lavoro».
C’era scritto: «Se Polillo ha una ricetta, ci pensi lui, personalmente». Più che eccentrico, un comunicato duro.
«Mhmm… No, scusi, per capire: ma per caso lei mi sta intervistando?».
E certo.
«Ah… No, beh, perché avevo capito che avesse solo necessità  di qualche chiarimento…».
No, è un’intervista.
«Vabbé… tanto per me non c’è problema. Il problema è un altro. Il problema è che io vado in tivù, ci metto la faccia, cerco di dimostrare quanto comprensivo e serio sia questo governo, ripeto quello che la Fornero ripete da giorni, e cioè che troveremo una soluzione per gli esodati, e scoppia il finimondo. Vorrei capire: se certe cose le dice la Fornero va bene, e se le dico io va male?».
Lei, Polillo, s’è spinto un poco oltre, individuando quasi una soluzione al problema.
«Senta, sa qual è il fatto? Il fatto è che io vengo da lontano, sono trent’anni che frequento le aule parlamentari e ho fatto un sacco di cose lì dentro: sono stato segretario di tante commissioni, da quella Bilancio a quella Antimafia, poi ho fatto il capo della segreteria di Tremonti, poi il consigliere economico per il Pdl alla Camera, poi…».
Tutto questo per dire?
«Per dire che sono addestrato a trovare una soluzione. E, quindi, a dare risposte. Io non riesco a uscirmene con i vedremo, i faremo in modo, i cercheremo. Io capisco prima di tanti dov’è il problema, e prima di tanti intuisco come il problema può essere risolto. È stato il mio lavoro per anni. Mi spiace: per certi questa mia sensibilità  professionale può essere un limite, io la percepisco come una forza».
Mario Monti, intanto, l’ha già  rimproverata, pubblicamente, una volta.
«Ragionavamo sulla gratuità  dei conti correnti dei pensionati: e, alla fine, s’è visto che però avevo ragione io. Com’è accaduto poi anche nell’altra baruffa, quando in Parlamento passò un emendamento sul decreto “semplificazioni”, riguardo al fondo di riserva imprevisti, che serve ad affrontare le varie emergenze, dalle alluvioni in poi. Anche in quel caso, avevo ragione io: meglio non toccare quella norma».
Poi ha pure definito la Fornero «una fontana di lacrime».
«Seguì mazzo di rose. Mi ha perdonato».
Ne è sicuro?
«Sicurissimo. Quelle rare volte che ci incontriamo alla Camera, mi allarga dei sorrisi così. Io poi in Transatlantico ci capito di corsa. Per un motivo o per un altro, devo sempre tornare subito in ufficio».
O in qualche trasmissione televisiva.
«Sì, lo ammetto: mi piace andare in tivù».
Vanità .
«Ma no! Mi piace andarci perché poi, quando esco, incontro la gente che mi dice: grazie a lei, finalmente, ci abbiamo capito qualcosa. Ecco, mi piace aiutare la gente a capire con quanta serietà  e competenza sta lavorando questo governo».
Anche il premier Monti non lesina spiegazioni, le sue conferenze stampa sono sempre molto lunghe.
«Sì, solo che Monti, fatto apprezzabilissimo per un premier autorevole com’è lui, è rigido, dotto, mai un filino demagogico. Io invece traduco, volgarizzo… Sì, guardi, lo dico senza falsa modestia: uno come me, certe volte, serve proprio».
(Gianfranco Polillo, 68 anni, romano, dette il suo curriculum a Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera. «E Cicchitto lo girò poi a Monti. Giuro che io, Monti, nemmeno lo conoscevo»).


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