«Nessuna incertezza sul lavoro»

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ROMA — «Un provvedimento bilanciato che rende il mercato del lavoro molto più flessibile, a beneficio delle imprese, e meno dualistico». Il presidente del Consiglio Mario Monti difende da Israele la sua riforma, ma contestualmente il sottosegretario Antonio Catricalà  prima apre a «buone modifiche» e poi, nel sottolineare la sua totale sintonia con il premier, precisa che «l’impianto deve rimanere quello che è». Concetto ribadito in serata dal premier: sulla riforma «nessuna incertezza». Da domani il corposo testo di 84 pagine e 72 articoli approda in Senato per iniziare l’iter parlamentare. Lo stesso Monti è ottimista, osservando che «questo governo è riuscito a unire tutti i partiti, che non si parlavano e ora si parlano». E che, «nonostante le misure prese, l’opinione pubblica ci sostiene e il consenso del governo è calato di poco».
Sempre domani si terrà  un vertice tra tutte le associazioni imprenditoriali per mettere a punto il livello di dissenso alla riforma del governo Monti. Si svolgerà  nella foresteria della Confindustria in via Veneto. È stata infatti Emma Marcegaglia ad aprire le ostilità  contro l’esecutivo criticando aspramente le ultime modifiche apposte al testo dal ministro del Welfare Elsa Fornero con le quali si reintroduce anche se parzialmente il reintegro nei licenziamenti economici qualora il dipendente ne dimostri la falsità . Venerdì si riuniranno Cgil, Cisl e Uil, a margine della manifestazione sugli esodati, mentre contro la riforma sale la protesta della Fiom.
Ora la battaglia su eventuali variazioni a un testo che sembra scontentare tutti si sposterà  in Parlamento, come era ampiamente previsto dopo l’accoglimento da parte del governo della richiesta del Quirinale di non usare lo strumento del decreto. Catricalà  ieri, in una conversazione con la Adnkronos, butta acqua sul fuoco delle polemiche ricordando di «non essere mai stato insoddisfatto delle modifiche introdotte dalle Camere né sul salva-Italia né sul cresci-Italia».
Il tempo comunque per la discussione non sarà  breve anche se c’è l’impegno ad accelerare i tempi: secondo i primi calcoli fatti dal relatore per il pdl Maurizio Castro, il testo dovrebbe arrivare in aula entro 45 giorni. «Già  stasera l’ufficio di presidenza del Senato si occuperà  dell’agenda — spiega il senatore Castro — e sono certo che faremo di tutto per non deludere i mercati che guardano con attenzione anche alla nostra tenuta istituzionale». Naturalmente gli schieramenti politici sono già  in allerta. Il Pdl cercherà  di intestarsi le variazioni sulla flessibilità  in entrata. E qui il senatore Maurizio Gasparri si è già  spinto in avanti anticipando che su questo punto il «provvedimento non va modificato ma riscritto». In casa Pd prevale la preoccupazione che la riforma venga smantellata sulla parte dei contratti. «Spero che non si sviluppi una battaglia di retroguardia tesa a bilanciare il passo in avanti sull’articolo 18 – spiega l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano – visto che le politiche del centrodestra hanno aumentato la flessibilità  in modo eccessivo trasformandola in precarietà  non solo del lavoro ma della vita dei giovani».
Per Damiano dei «miglioramenti dovranno arrivare sugli ammortizzatori per i precari perché al momento, pur essendo previsto un aumento dei contributi previdenziali (quelli a progetto, per esempio, saranno equiparati ai subordinati) non vi è adeguata tutela in caso di disoccupazione». Dal Terzo polo l’invito a non snaturare la riforma. «Alcune modifiche possono anche starci — avverte Benedetto Della Vedova di Fli — ma i partiti stiano attenti a non sbucciare la riforma come un carciofo, dove alla fine rimane poco o niente». Anche il leader della Cisl Raffaele Bonanni chiede di «non apportare grosse modifiche, non conviene a nessuno trasformare il disegno di legge in una tela di Penelope». E, piuttosto, invita il governo a realizzare in fretta «un patto nazionale su fisco e crescita».


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