Lombardia, Boni lascia la presidenza «Voglio seguire l’esempio di Bossi»

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MILANO — Segue Umberto Bossi e fa un passo indietro. Uno solo, però. Il lumbard Davide Boni si dimette da presidente del Consiglio regionale ma rimane al Pirellone, dove tornerà  a sedersi tra i banchi di sempre, quelli della Lega.
Dopo più d’un mese dall’avviso di garanzia (era il sei marzo), ricevuto per una vicenda di presunte tangenti, ecco la svolta. In Regione Lombardia, in casa Carroccio, si tratta del terzo «sacrificio» in quindici giorni, sull’onda della burrasca nata dal caso Belsito. Prima le dimissioni del Trota dal Consiglio regionale, poi quelle di Monica Rizzi dall’assessorato allo Sport. Davide Boni ci tiene però a distinguere: «Io non ho obbedito a nessuno». Nel senso che nessuno, dice lui, gli avrebbe imposto il passo indietro sotto la minaccia d’espulsione dal movimento. La ramazza maroniana e le pulizie primaverili invocate dalla base a Bergamo sarebbero insomma chiavi di lettura fuorvianti. «Alt», dice lui: «Io ho fatto un passo indietro perché ho seguito l’esempio del mio leader Umberto Bossi. Ma nessuno mi ha chiesto niente». Un gesto spontaneo. Che però arriva, guarda caso, a distanza di poche ore dalla visita di Bobo Maroni al gruppo regionale, lunedì mattina, che era servita a ratificare l’addio di Monica Rizzi. I toni della riunione non sarebbero però stati così «concilianti» rispetto alla permanenza di Boni sullo scranno più alto dell’aula. Il capogruppo Stefano Galli lo aveva detto fuori dai denti: «Nella situazione che si è creata nessuno può rimanere immune da future richieste di atti di responsabilità . Con le dimissioni di Renzo Bossi è cambiato tutto». Lo stesso Boni si era così sentito in dovere di un nuovo tour in via Bellerio in vista di un nuovo colloquio con Roberto Calderoli, il quale gli avrebbe poi opposto un glaciale «valuta tu» alla nuova richiesta di lumi. Tanto che ieri sera la voce aveva preso a correre vorticosamente lungo i 31 piani del Pirellone: Boni è pronto a dimettersi. L’annuncio è arrivato ieri mattina, dopo «l’ennesima notte di riflessione». «Devo tutelare le mie due famiglie. Mia moglie e i miei figli, che non vivono su Marte e che hanno sofferto per la mia vicenda. E l’altra mia “casa”, la Lega, il movimento in cui milito da 22 anni». Una decisione che ha raccolto l’applauso pressoché immediato di Roberto Maroni: «Quello di Boni è un gesto apprezzabile. Ora largo ai giovani». Più o meno dello stesso tono il commento del governatore Roberto Formigoni (via Twitter): «Le dimissioni sono un bel gesto, peraltro non dovuto. Bravo Davide». 
Assai meno entusiaste le opposizioni, che sottolineano il «colpevole ritardo della scelta»: «La Lega si è arroccata per 40 giorni a difesa del presidente Boni, ma grazie alle prese di posizione unitarie dei gruppi di minoranza ha dovuto cedere. L’ennesimo sconquasso in una maggioranza sempre più allo sbando», attacca Luca Gaffuri del Pd, che con tutto il centrosinistra torna a chiedere le dimissioni della giunta Formigoni, lo scioglimento del Consiglio regionale e il conseguente ritorno alle urne.
Boni rimarrà  in carica fino all’otto maggio. Nel frattempo è scattata la corsa alla successione. La poltrona spetta a un leghista e l’identikit tracciato da Maroni porterebbe dritto a Fabrizio Cecchetti e Massimiliano Romeo. Sono giovani, con la giusta esperienza (il primo è al Pirellone ormai da sette anni) e hanno invocato in questi giorni la «pulizia del pollaio». Perfetti «barbari sognanti», insomma.


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