“Subito tagli su 100 miliardi di spesa”

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ROMA – Cento miliardi subito, trecento nel medio periodo: sono queste le basi dalla quali il governo intende partire per realizzare la spending review, la revisione della spesa pubblica necessaria per impedire – nell’immediato – l’aumento delle aliquote Iva (previsto per l’autunno), e per realizzare – più in là  – l’attesa riduzione delle pressione fiscale. I tagli, quindi, si faranno in due tappe: prima il governo guarderà  ai cento miliardi di spesa pubblica «potenzialmente aggredibile nel breve periodo» con «aggiustamenti che si possono fare subito, dall’oggi al domani», poi sempre coinvolgendo gli enti locali, la base sulla quale lavorare per scovare gli sprechi sarà  allargata ai trecento miliardi. Ma lì i cambiamenti saranno «robusti» e dovranno passare attraverso «modifiche delle regole di vita e delle abitudini». Lo ha detto ieri Piero Giarda parlando ai microfoni di Radio Vaticana. 
C’è molto da fare, ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento, perché «tutto il settore pubblico, dallo Stato fino all’ultimo dei Comuni, non si è adattato alle nuove condizioni: purtroppo, o per sfortuna, o per nostra incapacità , sono quasi dieci anni che il Paese non cresce più». La revisione della spesa, ha precisato Giarda è «l’operazione che cerca di riconsiderare se le nostre abitudini del passato sono ancora compatibili con la situazione economica che stiamo vivendo». Non è così, dunque «bisogna immaginare di essere una famiglia in cui è nato nuovo bambino: il papà  e la mamma devono fare i conti di quanto spendevano prima» e guardare a tutte le voci d’uscita accumulate nel passato. «Devono mettere ordine, rinunciare a qualcuno dei loro vizietti per tenere in vita il bimbo».
La metafora del buon padre di famiglia, insomma. Certo che l’opera di revisione è imponente visto che passerà  al setaccio una quota consistente di tutta la spesa pubblica: settore che nel 2011 ha toccato nel suo complesso 793 miliardi di euro, compresi i 70 per interessi.
I tempi si fanno stretti: ora le mani vanno affondate in quella massa di cento miliardi di spesa pubblica – divisa fra Stato, enti previdenziali, regioni ed enti locali – «aggredibile» subito (anche se «ci dedichiamo un po’ all’uno un po’ all’altro» dei due fronti, ha specificato Giarda). Entro la fine dell’anno va realizzato un risparmio di 4,2 miliardi necessario ad evitare l’aumento delle aliquote Iva che scatterebbe in ottobre. Da dove si comincia? Indicazioni più precise dovranno essere fornite in settimana nella relazione del commissario Enrico Bondi al comitato interministeriale presieduto da Monti. «Tutto il governo, diversamente dal passato, è pienamente convinto che bisogna intervenire. I ministri stanno proponendo progetti di ristrutturazione delle loro attività  e il clima è positivo» ha sottolineato Giarda. Poi certo, ha ammesso, «le resistenze cominceranno ad essere percepite quando i provvedimenti, da progetto, si tradurranno in iniziative legislative». 
I primi riscontri reali si avranno appunto con la relazione di Bondi. L’analisi dovrebbe essere incentrata sulla spesa per beni e servizi sostenuta di ministeri, regioni, enti e comuni. Il capitolo più grosso dovrebbe riguardare la spesa sanitaria e i diversi prezzi che le stesse voci (dal costo della tac a quello per le garze) possono avere sul territorio. L’idea di fondo è che tutti i centri di spesa acquistino beni e servizi (a partire dall’elettricità ) al minor prezzo disponibile grazie al controllo della Consip, la centrale unica di acquisti.
E’ un quadro questo che non convince le opposizioni: Italia dei valori chiede al governo di aumentare anche i tagli alla politica e di risparmiare sulla parata del 2 giugno. Rifondazione comunista accusa Giarda «di sparare cifre a vanvera».


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