Strada sempre più stretta per Unipol ma la palla ora è nel campo dell’Isvap

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MILANO – La reazione a caldo degli addetti ai lavori è anche la più suggestiva: «Ora Paolo Ligresti può schierarsi con Arpe e far saltare l’operazione Unipol-Mediobanca». Il dispositivo Consob, di cui non sono ancora note le motivazioni, afferma infatti che se un solo socio di Premafin chiedesse il diritto di recesso tanto basterebbe a far scattare l’Opa su Fonsai. L’eventualità  è bastata a scatenare le più svariate illazioni ma è chiaro che ora la partita si fa veramente dura. I Ligresti senza manleva legale e senza incasso dal recesso rischiano di uscire con le ossa rotte dalla vicenda: il loro 0,5% della nuova entità  potrà  valere tra i 15 e i 20 milioni ma le cause legali che possono piovere addosso anche di più. Se però si distaccano dalla strada che conduce a Unipol ecco che arriva la minaccia delle banche creditrici: «Non ristrutturiamo il debito Premafin». Dunque la holding potrebbe fallire insieme alle scatole del piano di sopra su cui già  incombe una richiesta in tal senso. Ma da un tale fallimento le stesse banche creditrici con Unicredit in prima linea non uscirebbero indenni, con più di 500 milioni di perdite. E l’escussione delle azioni Fonsai oggetto di pegno, già  minacciata da Mediobanca, non è detto sia giuridicamente così semplice e veloce. 
Ammesso comunque che Premafin e Fonsai procedano in direzione Unipol gli ostacoli non sarebbero finiti. Bisogna trovare la quadra sui concambi: la holding dei Ligresti deve scendere con le sue richieste all’85% e Unipol dal canto suo deve accettare di avere il 61% del nuovo gruppo, non di più. Ma anche in questo caso rimarrebbe il nodo della Milano, che con il 10,7% minimo richiesto dal suo cda avrebbe un valore di oltre un terzo della Fonsai. E l’Opa a cascata, a quel punto, sarebbe molto probabile. Proprio per questo gli advisor stanno pensando in queste ore di escluderla per il momento dalla fusione, ma a quel punto si rischia l’Opa incrementale se il peso di Premafin dovesse salire oltre il 5%.
Sembra un labirinto senza uscita e solo l’Isvap è in grado di dipanare la matassa. Dopo anni di non interventismo sul gruppo Fonsai dalla primavera 2011 è iniziato il pressing per una serie di ricapitalizzazioni urgenti. E la fretta ha indotto i creditori a spingere per la soluzione Unipol molto penalizzante per il mercato. Inoltre sono sorti dubbi sulla sostenibilità  patrimoniale dell’operazione post aumenti poiché all’attivo di Unipol vi sono quattro miliardi di obbligazioni strutturate, ma garantite da Jp Morgan, Deutsche Bank, Barclays, che al momento presentano una minusvalenza di circa 1,3 miliardi. Forse per uscire dal labirinto servirebbe un commissariamento soft che fermi il timer per due mesi e cerchi di individuare se esistono soggetti solidi disposti a ricapitalizzare Fonsai e rimetterla in carreggiata con le proprie gambe.


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