Il terremoto nascosto di Mantova tra musei chiusi e osterie vuote

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MANTOVA – Non lo vedi subito, il terremoto. C’è il sole, in piazza delle Erbe. Le signore prendono il caffè alla Premiata pasticceria Caravatti, sedute tranquille sotto il portico, senza preoccuparsi di avere pietre sulla testa. Ma basta ascoltare i loro discorsi («Stanotte hai dormito a casa? Che coraggio. Io sono andata da mio figlio a Verona, abita a piano terra») e guardare i turisti che camminano in mezzo alla strada e si accontentano di fotografare i monumenti da lontano, per capire che Mantova è una città  che scricchiola. Il terremoto, qui, è nascosto. È dentro ai palazzi dei Gonzaga, chiusi «per motivi di sicurezza». È dentro al cuore di chi vive qui e vorrebbe essere da un’altra parte. «Io oggi vado al mare con i nipoti. Tanto asili e scuole sono chiuse». «Io sto tutti il giorno nel parco. Domenica notte ho dormito in macchina, ieri sera c’era freddo e sono tornata a casa». 
Solo la lanterna della basilica di Santa Barbara, nel palazzo Ducale, è crollata a terra. A mettere paura ci sono però le transenne nelle piazze, i portoni chiusi del musei, le colonne che «non si sa se resteranno ancora su, se arriva un’altra botta». Nella città  che scricchiola il giro turistico dura due ore e non un’intera giornata. «Avevamo il pullman già  prenotato – racconta Maria Perez che sta accompagnando 50 turisti di Barcellona – e siamo venuti a vedere palazzo Ducale da fuori. Saremo a Firenze in anticipo». Le perle della città  sono vietate. La Camera degli sposi di Mantegna è dentro al palazzo Ducale sbarrato come ai tempi dei Gonzaga. Dipende dalla Sovrintendenza ai monumenti e sarà  riaperto, annuncia un cartello, solo «quando sarà  garantita la sicurezza delle strutture». Viste altre esperienze, non dovrà  mancare la pazienza. Il palazzo Te – con la sala dei Giganti e dei Cavalli – è del Comune ed ha subito danni nell’area nord, «con caduta di calcinacci, intonaco e pellicola pittorica e fessurazioni verticali». Dovrebbe riaprire sabato prossimo, ma ci sono molti dubbi. «Pensavamo di togliere il divieto già  ieri, lunedì – dice il sindaco Nicola Sodano – ma domenica sera è arrivata l’altra scossa. Speriamo di concludere presto le nuove ispezioni. Solo al palazzo ducale arrivano 250.000 visitatori all’anno, e può immaginare il reddito che portano a una città  di 50.000 abitanti». Chiusi il Castello di San Giorgio, il museo archeologico, il teatro Bibiena, transennata piazza Broletto. Al palazzo del Podestà , chiuso da decenni, il sisma ha portato invece fortuna. Il Comune, che aveva 14 milioni per il restauro bloccati dal patto di stabilità , ha deciso di avviare i lavori perché «ora è prioritaria la messa in sicurezza». 
Non puoi camminare in piazza delle Erbe e in piazza Sordello senza essere inseguito dai camerieri dei ristoranti vuoti. «Signore, abbiamo i bigoli, il risotto con pesto di salsiccia e puntel…». «Quando è arrivata la scossa delle 13, martedì scorso – raccontano all’Osteria delle Erbe – il ristorante era pieno. Sono scappati tutti e non si sono più visti». L’organizzazione non è comunque eccezionale. L’Ufficio del turismo è chiuso, anche se «in via puramente cautelativa». Sarebbe bastato mettere un tavolo sotto un gazebo. Nemmeno il viaggio più sicuro in caso di sisma, quello sulle motonavi del lago, riesce ad avere clienti. «Le prime disdette – racconta Alessio Negrini della società  cooperativa Andesnegrini – sono arrivate dalle scuole. Mica possono venire a Mantova solo per vedere il lago e il Mincio. Oggi avevo 900 prenotazioni, non è arrivato nessuno». 
Orgogliosa invece la signora Eva Camatti, che a nome della Fraternità  domenicana tiene aperta la più antica chiesa della città , la rotonda di San Lorenzo, fine secolo XI. «Non abbiamo mai chiuso. Abbiamo controllato noi, e non c’erano danni. Mai visti tanti visitatori, visto che tutto il resto è chiuso». Va benissimo anche la campagna «Adotta un mattone». «Cinque euro per restaurare una pietra del muro esterno e abbiamo già  raccolto 60.350 euro. Guardi che bel muro: è largo 1,57 metri. È una sicurezza». 
Le prime tende nei giardini e nei prati si incontrano già  nella periferia, andando verso sud. Gonzaga, invece, è già  una tendopoli. «Ne abbiamo una della Protezione civile – racconta il sindaco Claudio Terzi – ma a gestire gli aiuti, per il 95%, siamo noi del paese. Diamo una mano anche chi si è messo la tenda sotto casa. Il terremoto ci ha fatto fare una scoperta: in quasi tutte le case coloniche vivevano extracomunitari, tanti con famiglie. Pagavano nulla o 100 euro al mese. Ora quelle case sono crollate». A Bondeno, frazione di Gonzaga, il terremoto ha picchiato duro come a Novi, Concordia, Mirandola. Chiesa crollata, campanile che sembra morsicato dal cielo, strade piene di macerie. Ma un cartello avverte che, stando attenti, si può arrivare al «Non solo pane. Forno aperto». Clienti anche al bar trattoria Lety, proprio davanti alla chiesa distrutta. Su un tavolo, all’aperto, un salame enorme, con tagliere e coltello. «Si può servire, è per tutti», dice Letizia, la proprietaria. «Salame all’aglio e lambrusco. Conosce un ansiolitico migliore?».


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