Pressing sul Tesoro Ma l’Italia non taglia (Parigi invece sì)

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ROMA — Certo che a Palazzo Chigi guardano con invidia l’Eliseo. Il governo francese ha promesso di intervenire sul prezzo della benzina, che pure in alcune pompe ha superato i due euro a litro. Da noi pur sapendo che il carburante è il motore della crescita e che il suo prezzo non può superare una certa soglia, l’esecutivo ha le mani bloccate. Il ministero dell’Economia deve tenere i cordoni della borsa e interventi al ribasso sulle accise (l’ultimo aumento è dell’11 agosto) non sono all’orizzonte. Così, se l’euro perde colpi nei confronti del dollaro, sale anche il prezzo industriale e fare rifornimento in questi giorni costa circa 30 centesimi più dell’anno scorso.
Se la debolezza dell’euro e l’aumento delle accise sono una «miscela esplosiva», per dirla con le parole del numero uno dell’Eni Paolo Scaroni, qui si tratta di esplosioni a catena: la benzina aumenta i consumi calano. La domanda che agita il mondo politico e imprenditoriale è per questo: come fa a ripartire la crescita con questi livelli di prezzi? Così i partiti chiamano in causa il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. Il Pd gli sollecita la convocazione dei petrolieri per chiedere conto degli aumenti e fare luce sull’andamento delle quotazioni Platt’s, un indice di riferimento per le compagnie petrolifere per determinare ogni giorno il prezzo al pubblico. Invece il Pdl propone la «sterilizzazione» della quota marginale dell’Iva, che moltiplica il prezzo del carburante a partire da quello del Brent. 
Per adesso il ministero sta monitorando i prezzi rispetto alla media europea. Nella consapevolezza che, se non ci sono discrasie, è impossibile oltre che inutile fare qualcosa. E che se si dovesse intervenire si dovrebbe farlo di concerto con il ministero dell’Economia. 
Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio sui prezzi della benzina, che il ministero dello Sviluppo economico aggiorna ogni settimana, nel prezzo al litro della «verde», 0,728 centesimi se ne vanno per le accise e 0,314 per l’Iva: oltre un euro, dunque, sul prezzo finale sono tasse. Il «prezzo industriale» invece è 0,769 euro, in linea con quello di Germania (0,75) e Spagna (0,758), anche se poi in questi Paesi il prezzo alla pompa è di 20-30 centesimi più basso. In Francia invece il prezzo industriale è inferiore (0,704 euro), ma il risultato è più o meno lo stesso. E, vicini alla soglia psicologica dei due euro, a Parigi il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha annunciato una prossima «modesta» e «provvisoria» diminuzione delle tasse, per far calare i prezzi al distributore. Scartata l’ipotesi del congelamento dei prezzi, un tema proposto in campagna elettorale, la riduzione riguarderà  la parte di imposte percepite dallo Stato tramite l’Iva (al 19,6%) e la Tassa interna di consumo sui prodotti energetici. Con Sarkozy all’Eliseo si era stimato che ridurre le tasse di 10 centesimi al litro avrebbe portato un minor introito di 1,25 miliardi. Rimane da vedere in che termini il governo deciderà  di declinare il «modesto» taglio, e per questo il titolare dell’Economia Pierre Moscovici ha convocato per martedì consumatori e petrolieri. La Germania da parte sua respinge ogni ipotesi di una riduzione delle tasse sulla benzina. Il portavoce del governo, Steffen Seibert, ha specificato che «non fa parte del ruolo del governo» e «ha escluso azioni politiche in questo ambito».


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