In Germania è rivolta contro Supermario “Un assegno in bianco agli spendaccioni”

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BERLINO. WEIDMANN for president! », gridano tanti messaggi sul profilo Facebook del giovane numero uno della Bundesbank. «Jens, non mollare, sei il nostro eroe!».
E SU una popolare emittente locale, i conduttori scherzano amari: «Posso leggere le previsioni del tempo? » «No, prima chiedi il permesso alla Bce e a Bruxelles».
È cupo e di malumore il day after della Germania reale. Da Vienna, Angela Merkel scende in campo e si schiera con Mario Draghi: «La Eurotower è una istituzione forte e indipendente, la condizionalità  decisa per gli acquisti è importantissima». Schaeuble, ministro delle Finanze, le fa èco: «Deploro che la nostra stampa sia tanto nervosa ». Ma i media d’ogni colore, molti politici, e la gente comune, si ribellano: basta, questa Europa di istituzioni non elette ci porta all’inflazione, premia gli spreconi, e soprattutto calpesta la nostra sovranità . Parlare di rivolta dei falchi è troppo poco: l’umore del Paese reale non ci sta. «Manca ormai poco per spingere i tedeschi sulle barricate», avverte la `liberal’ Sueddeutsche Zeitung.
La rivolta non violenta della Germania timorosa di perdere una sovranità  troppo giovane prende ogni forma. In poche ore, al ricorso alla Corte costituzionale contro i fondi salvastati promosso da una strana coppia (Csu bavarese e postcomunisti della Linke) si sono formalmente uniti 37mila cittadini. La sentenza della Consulta, attesa per il 12, è la loro nuova speranza: 54 tedeschi su cento sperano che il collegio presieduto dal giudice Andreas Vosskuhle accetti la protesta contro lo Esm, quasi altrettanti dicono «no a nuove deleghe di competenze nazionali all’Unione europea». La rabbia corre online, la percepisci nelle strade, la leggi negli editoriali d’ogni tendenza, la ascolti nei mugugni in métro. «Attenti – insiste Angela Merkel da Vienna – la Bce ha indicato che il futuro dell’euro dipende dai politici, è la strada già  scelta da tempo dal mio governo». Ma non le sarà  facile convincere il Paese reale. `Angie’ passata con Draghi non affronta solo i titoli ad effetto della Bild, sul «giorno nero per noi tutti con l’assegno in bianco agli spendaccioni ». Né unicamente i molti legislatori della sua maggioranza, dal maitre-à -penser bavarese Peter Gauweiler al liberale Frank Schaeffler, decisi a ricorrere alla Corte europea di giustizia. «La Bce ha passato la linea rossa – accusa ascoltatissima la Sueddeutsche – perché dire che l’euro è irreversibile tocca a politici eletti dai loro popoli, non a lei, perché un salvataggio dell’euro a ogni costo può finire in disastro economico, perché in una comunità  fondata sul diritto il fine non può mai giustificare ogni mezzo, e di bolle, crisi, inflazione profitteranno gli speculatori, a danno dei cittadini». La collera tedesca grida contro un potere non eletto, «una Bce, istituzione senza legittimità  democratica che diventa autentico governo dell’Europa e decide come gli europei devono vivere». Non è solo paura per i soldi.
Der Spiegel accusa Draghi di golpe bianco: «Ha relegato Angela Merkel in seconda fila, il golpe è la conseguenza della politica esitante di lei nelle Finanze e nella competizione per le massime poltrone europee».
Invano Schaeuble tenta di rassicurare: «Il programma Bce non è finanziamento monetario del debito sovrano altrui». La Frankfurter Allgemeine, bibbia dell’establishment, non ci crede: «E se l’Italia non riformerà  le leggi sul lavoro, la Bce venderà  titoli italiani? Non può, se davvero vuole evitare terremoti sui mercati come dice. L’emergenza non conosce leggi, ciò va imposto anche ai cittadini? Sarà  interessante vedere che cosa dirà  la Corte costituzionale ». E il «pericolo gigantesco » temuto dalla gente di qui lo spiega Joerg Eigendorf, editorialista di Die Welt:
«Al momento il problema non è l’inflazione, bensì una non legittimata ridistribuzione delle risorse da nord a sud, e dai risparmiatori a chi approfitta di questa politica irresponsabile, e ciò è antidemocratico e antisociale ». Nel mirino è Merkel, non solo Draghi: «Non tutti i tedeschi credono in Dio ma tutti credono nella Bundesbank», recita un proverbio-chiave del dopoguerra.


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