Per l’Ilva si fanno più stringenti le disposizioni anti-inquinamento

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TARANTO.  I custodi giudiziali incaricati dal gip Patrizia Todisco, dopo aver ricevuto lo scorso 1 settembre dalla Procura di Taranto l’ordine di dare il via alla fase di attuazione del sequestro degli impianti presenti nell’area a caldo del siderurgico ordinato dal gip lo scorso 26 luglio, stanno chiudendo l’Ilva in un angolo sempre più stretto, giorno dopo giorno. Quella che si conclude oggi, è stata la settimana in cui i custodi hanno messo nel mirino i parchi minerali, una zona di 70 ettari a cielo aperto, in cui stazionano da decenni i minerali e i fossili vitali per il ciclo produttivo del colosso d’acciaio del Gruppo Riva. Che mercoledì sera si è visto notificare dai custodi il blocco al carico dei rifornimenti di materie prime che avviene ogni giorno agli sporgenti 2 e 4 del porto di Taranto. Obiettivo della notifica, quello di diminuire immediatamente l’altezza e la mole dei cumuli di minerali, le cui polveri ogni giorno ammorbano l’aria del rione Tamburi, ricoprono l’intera area industriale e parte della città . Causando lo sforamento giornaliero del PM 10, oltre che malattia e morte come redatto nella perizia degli epidemiologi lo scorso 30 marzo. Non solo. Perché nel nuovo vertice tra Procura e custodi giudiziali andato in scena nella serata di venerdì e durato oltre tre ore, l’Ilva ha subìto un nuovo, pesantissimo colpo. Presentatosi con la proposta di ridurre del 20% l’altezza dei cumuli di minerali presenti nei parchi, il presidente Bruno Ferrante si è visto notificare altre due disposizioni da parte dei custodi: spostare l’intera area parchi lontano dal confine con il quartiere Tamburi (operazione che comporta investimenti per centinaia di milioni di euro) e interrompere i lavori per la costruzione della barriera anti polveri, la cui posa della prima pietra avvenne lo scorso luglio, con il placet di enti locali e sindacati (che oggi hanno «improvvisamente» cambiato idea sposando l’opzione copertura) e con la curia tarantina impegnata a battezzare la nuova opera a «tutela» dell’ambiente da parte dell’Ilva. Ferrante, che si era presentato al vertice con un documento in cui si chiedeva ai custodi ed alla Procura anche una deroga sul blocco dei minerali, si è visto rispondere che soltanto il gip del tribunale può concedere deroghe o «ammorbidire» l’azione dei custodi e della Procura, che stanno soltanto applicando alla lettera le disposizioni contenute nell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti scattato lo scorso 26 luglio e confermate in toto dal tribunale del Riesame.
L’Ilva non ha alcuna facoltà  d’uso per quanto concerne la produzione: gli impianti vanno messi in sicurezza e risanati, non ci sono alternative. Perché bisogna eliminare quanto prima il propagarsi delle emissioni diffuse e fuggitive, pericolosissime per l’ambiente e la salute dei cittadini. E molto probabilmente, quella che inizierà  domani, sarà  la settimana in cui i custodi giudiziali notificheranno all’azienda i loro provvedimenti per quanto concerne l’area delle cokerie.
Domani, invece, inizierà  la terza settimana di lavoro per la commissione IPPC-AIA incaricata dal ministero dell’Ambiente di riesaminare l’autorizzazione concessa all’Ilva nell’agosto 2011, partendo da un’approfondita analisi degli impianti oltre che dall’attuazione, da parte dell’azienda, delle prescrizioni contenute nel vecchio documento. E come abbondantemente previsto, al di là  degli entusiasmi del ministro all’ambiente Corrado Clini, la stessa commissione si è resa conto che terminare il lavoro entro il 30 settembre, con la conseguente convocazione della Conferenza dei Servizi il prossimo 15 ottobre, appare qualcosa di molto vicino ad una vera e propria utopia.


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