Obama vince il secondo round tv Romney cade sulla Libia e le donne

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HEMPSTEAD (Long Island). «GOVERNATORE Romney, lei non ha un piano in cinque punti. Ha un piano di un punto solo».
«LEI vuole che chi sta in cima alla piramide giochi con regole diverse da tutti gli altri». Fin dal primo minuto in cui sale sul ring, Barack Obama si avventa sull’avversario. Il presidente è irriconoscibile, trasfigurato rispetto alla pallida e inquietante performance del 3 ottobre a Denver, in Colorado. Come altre volte nella sua storia, ha avuto bisogno di toccare il fondo (nei sondaggi, nel diluvio di critiche dalla sua base) per rimbalzare di scatto. Il secondo duello televisivo avviene in un contesto più favorevole per lui: dentro l’università  Hofstra di Hempstead il formato è da “town-hall”, assemblea cittadina, con 80 elettori indecisi tra cui vengono sorteggiate le domande. Obama si prende tutte le rivincite, non risparmia a Mitt Romney un solo colpo, di quelli che gli erano rimasti “in canna” due settimane fa. Usa ripetutamente l’espressione «not true», non vero, per interrompere gli interventi dell’avversario e insinuare nei 56 milioni di telespettatori il dubbio che Romney sia un bugiardo seriale. Lo incalza sull’incoerenza demagogica delle sue promesse fiscali: meno tasse a tutti, e azzerare il deficit, «qui manca la matematica». Tutti gli osservatori riconoscono la spettacolare metamorfosi del presidente: “Scontro a pugni nudi”, intitola il New York Times.
“Il presidente è riapparso”, commenta Politico.com ironizzando sulla “sedia vuota” (virtualmente) del dibattito a senso unico andato in scena a Denver. Romney gli dà  una mano con la gaffe sulle donne. Per presentarsi come paladino della loro parità  sul lavoro racconta di aver dato, da governatore del Massachusetts, ordine ai suoi collaboratori di trovare più donne capaci, «e loro me ne hanno portato dei faldoni interi». I faldoni pieni di donne impazzano nella blogosfera. L’offensiva di Obama è calibrata con cura, l’obiettivo è imporre la sua “descrizione” del candidato di destra davanti all’opinione pubblica. Le accuse diventano personali: il presidente non si fa più scrupolo di apparire troppo aggressivo, evoca perfino la dichiarazione dei redditi di Romney e
quell’irrisorio 14% di aliquota fiscale sulle sue plusvalenze da multimilionario. L’ex governatore del Massachusetts reagisce piccato quando Obama gli rinfaccia i suoi investimenti in aziende Usa che delocalizzano in Cina, e perfino i capitali messi in una società  cinese che produce apparecchiature di spionaggio. «I miei investimenti sono gestiti da un blind trust — precisa Romney — ed è vero che ci sono anche quote di società  cinesi. Ma signor presidente, lei ha guardato dove investe il suo fondo pensione?». Sferzante la reazione: «Non lo guardo, no. La mia pensione non è grossa come la sua, non richiede molto tempo». Obama ha deciso di ricacciare Romney nell’angolo dei super-privilegiati, costringerlo nel ruolo del plutocrate che difende gli interessi di una minoranza. Il colpo finale arriverà  a tempo quasi scaduto, quando Romney non avrà  più il diritto di replica. È in quel minuto conclusivo che Obama ricorda l’infame battuta carpita durante una cena per la raccolta di fondi, mentre Romney si rivolgeva a milionari come lui. «A porte chiuse — dice il presidente — lui ha detto che il 47% degli americani si considerano vittime, rifiutano di assumersi delle responsabilità , si aspettano aiuto dallo Stato. Di chi credete che parlasse? Parlava di voi, che pagate le tasse con la trattenuta sulla busta paga, che vivete di pensioni pubbliche ».
Un altro scambio infuocato avviene sull’“affaire Bengasi”. In questo caso dovrebbe essere il presidente sulla difensiva. È Romney che attacca, rilancia le accuse alla Casa Bianca di aver negato la protezione ai diplomatici in Libia, fino alla morte dell’ambasciatore
Christopher Stevens l’11 settembre. Romney vuole strafare, dipinge un presidente che chiede scusa al mondo arabo per il film contro Maometto, anziché condannare i terroristi che hanno ucciso quattro funzionari americani. Obama lo corregge, «24 ore dopo la strage condannavo l’atto di terrore, parlando al Rose Garden ». La giornalista di Cnn, Candy Crowley, esce dal ruolo di moderatrice e prende posizione: quella frase lei se la ricorda, «è agli atti». Romney viene smentito in diretta dall’arbitro del duello. Obama si cala nei panni del comandante supremo, e reagisce con un’indignazione vera: «L’insinuazione che qualcuno nella mia squadra abbia ingannato la nazione quando sono morti quattro dei nostri, è offensiva. Noi non siamo fatti così».
Tutta la serata è segnata dal tono “negativo”, è una lotta a demolire l’avversario più che per illustrare strategie di governo. Sull’energia Obama descrive un Romney al servizio della lobby petrolifera, sull’immigrazione lo associa alle politiche xenofobe dell’Arizona, sulla condizione femminile ricorda le sue posizioni anti-abortiste. Se a Denver la sorpresa di Romney era stata una sterzata al centro, Obama lo ricaccia a destra ricordandogli le sue dichiarazioni più estreme (risalgono a pochi mesi fa, nella corsa alla nomination repubblicana, quando Romney doveva catturare la sua base radicale). David Axelrod, il principale consigliere di Obama, spiega che questo secondo duello serve a ravvivare gli entusiasmi della base democratica: se la prestazione del presidente riesce a ridurre l’astensionismo tra i suoi, può essere decisivo negli Stati- chiave, dove il risultato del 6 novembre rischia di giocarsi su frazioni di percentuali.
I sondaggi-istantanei compiuti fra i telespettatori al termine del duello di Hofstra danno Obama vincitore: 46% contro 36% per Cnn, 37% contro 30% secondo Cbs.
Ma è presto per considerare il secondo dibattito come una svolta. Romney è stato protagonista di una perfomance dignitosa, anche se più teso e irritato di fronte agli attacchi. Il suo leitmotiv efficace, ripetuto ossessivamente (sei volte): «23 milioni di americani sono senza lavoro o sotto-occupati, questo presidente ha provato a farci uscire dalla crisi ma le sue ricette non funzionano. Non è con più Stato che si crea lavoro. Io so di cosa parlo, gran parte della mia vita l’ho svolta nell’economia privata, sono stato un creatore d’imprese». Per quanto magistrale, la performance di Obama è intervenuta solo dopo due settimane d’inesorabile rimonta di Romney nei sondaggi, con avanzate del repubblicano anche fra le donne che erano la constituency più fedele al presidente. Alla vigilia del dibattito di Hofstra, un’indagine Gallup dava addirittura 6 punti di vantaggio a Romney. Ora il terzo match, quello dello “spareggio”: lunedì a Boca Raton, in Florida, lo Stato più conteso e forse decisivo.


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