Comuni, 15 miliardi di tributi non riscossi ecco i rischi per chi abbandona Equitalia

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DARE il benservito ad Equitalia. E riscuotere i tributi locali in proprio. L’opzione è tornata di nuovo sul tavolo dei sindaci che potrebbero attivarla dal primo gennaio. L’emendamento leghista che lo consentirebbe, passato ieri alla Camera, riporta dunque le lancette agli inizi di ottobre. Quando il governo inserì in extremis, nel decreto enti locali, la proroga ad Equitalia fino al 30 giugno 2013 e il divieto per i Comuni di procedere con gare, bandi, gestioni associate. Proroga ora saltata, con il rischio che i Comuni non siano attrezzati. E che la bomba su cui siedono tra gli 11 e i 15 miliardi di vecchi crediti da incassare – trascini molti di loro verso il baratro del crac.
SEI MESI IN PIà™
Il rinvio dell’operazione “fisco dal volto umano” fu deciso, appena un mese fa, sull’onda emotiva dello scandalo Tributi Italia, società  concessionaria per la riscossione dei balzelli locali, guidata da Giuseppe Saggese, arrestato con l’accusa di aver speso 100 milioni di tasse comunali raccolte da centinaia di amministrazioni, ma mai versate – in barche, aerei privati, vacanze a cinque stelle. Sei mesi in più che però davano modo ai Comuni di organizzarsi per gestire tre milioni di cartelle, due miliardi di accertamenti e un miliardo di incassi (l’85% sotto i mille euro, il 95% sotto i 2 mila, svincolati di recente dalle “ganasce fiscali”). Ovvero i numeri attuali di Equitalia che recupera multe, Imu, Tarsu per conto di 5 mila sindaci, sugli 8 mila totali.

ORA TUTTO CAMBIA
Retromarcia: si riparte dal Capodanno 2013. «Un segnale importante perché si ripristina l’autonomia dei Comuni, a fronte di un’insofferenza locale mai sopita nei confronti di Equitalia», commenta Guido Castelli, responsabile nazionale Finanza dell’Anci. «Ma, alla prova dei fatti, si tratta di una decisione rischiosa per i sindaci perché non accompagnata da una riforma complessiva della riscossione». Riforma che esiste, come costola alla delega fiscale, ma che per ora non vede la luce. Cosa succede da gennaio? «Il sistema è vecchio, mancano norme adeguate. E molti nodi da sciogliere », spiega Castelli.
L’ARMA SPUNTATA
Primo, lo strumento per il recupero delle tasse non pagate. Equitalia può emettere ruoli e cartelle esattoriali. I sindaci solo ingiunzioni fiscali, meno efficaci e cogenti, peraltro disciplinate dal Regio decreto 639 del 1910. Il pericolo è che scatti la prescrizione (più breve di quella “speciale” per ruoli e cartelle, sopra i 5 anni) per i crediti incagliati, vecchi e vecchissimi (anche dei primi anni ’90), i cosiddetti “residui attivi”. «Si tratta di 11-15 miliardi, ora in pancia ad Equitalia, domani buchi neri nei bilanci dei Comuni», prosegue Castelli. Dunque debiti e default, se non cambiano le norme e non si prevede una disciplina transitoria. I Comuni preferirebbero che questa massa di debiti “cattivi” rimanesse nella “bad bank” di Equitalia. Ma il braccio del fisco guidato da Attilio Befera non è favorevole.
REGOLE TRASPARENTI
«I Comuni sono pronti a fare le gare per la gestione diretta, intendiamoci », sottolinea Castelli. «Ma il quadro normativo è desueto e pieno di incongruenze. Ci impone una figura, l’ufficiale di riscossione, che ormai non si trova quasi più, visto il blocco dei concorsi, oltre a quello del turn over che ferma le assunzioni. Per internalizzare la riscossione, però, serve personale». Infine, le regole di “competitività , certezza e trasparenza” per assegnare a soggetti affidabili il servizio. «Sono urgenti », chiede l’Anci. Anche per scansare i possibili, inquinati, “sistemi Saggese”, che proliferano nel far west attuale.


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