L’incubo della Florida sull’esito del voto

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NEW YORK — Mentre nella Florida è già  caos sul voto anticipato (con code e proteste davanti ai seggi) il fantasma della riconta si aggira sull’Election Day. Che rischia di replicare l’incubo del 2000, soprattutto negli Stati in bilico quali il Sunshine State, l’Ohio, la Virginia e il Colorado dove un pugno di voti potrebbe separare Barack Obama da Mitt Romney.
Se dalle urne di martedì non uscirà  un risultato netto — e a dar retta agli ultimi sondaggi, si tratta di un’ipotesi più che probabile — non resterà  altra scelta che ricorrere ad un estenuante conteggio manuale. Proprio come nel 2000, quando il sostanziale pareggio in Florida tra il democratico Al Gore e il repubblicano George W. Bush costrinse alla conta dei chad (i coriandoli di carta punzonati della scheda), rimandando l’elezione del presidente a dicembre, dopo un intervento della Corte suprema.
«Prevedo un fiasco elettorale molto simile», mette in guardia Dan Smith, docente di Scienze politiche all’Università  della Florida. «L’ipotesi di un pareggio del Collegio Elettorale, 269 a 269, preoccupa entrambi i partiti», incalza Smith, «non dimentichiamoci che nel 2000 Gore vinse il voto popolare ma perse il Collegio Elettorale e Bush fu eletto per soli 500 voti di scarto».
Ancora una volta la Florida, cruciale per il repubblicano Romney, rischia di trasformarsi nell’ago della bilancia di una elezione presidenziale Usa. Dalla settimana scorsa quasi 4 milioni e mezzo di persone hanno usufruito della possibilità  di votare in anticipo, ma hanno dovuto attendere anche otto ore in fila per poter esercitare il loro diritto sancito dalla costituzione.
Il Partito democratico, le associazioni di donne e i gruppi per i diritti delle minoranze hanno chiesto al governatore repubblicano Rick Scott di prolungare il numero di giorni a disposizione per l’early vote, che ufficialmente è scaduto sabato notte. «L’anno scorso Scott ha firmato una legge che riduce il numero di giorni per il voto anticipato da 14 a 8», punta il dito Rachel Maddow, influente anchorwoman della Msnbc, che accusa Scott di «voler intenzionalmente favorire il suo partito». «I democratici sono quelli che tradizionalmente votano in anticipo — le fa eco Amanda Terkel sull’Atlantic — ed è per questo che le motivazioni politiche del governatore Scott sono finite in tribunale».
La disputa ha spinto il Partito democratico locale a chiedere a un giudice della Corte federale di Miami di costringere le tre contee democratiche della Florida (Miami-Dade, Palm Beach e Broward) ad estendere il voto. In seguito alle numerose proteste, domenica gli elettori della contea di Miami Dade hanno saputo che era consentito loro di recarsi ai seggi tra le 13 e le 17. Ma dopo appena un’ora dall’apertura, le urne di Miami-Dade hanno chiuso le porte, spiegando di «non poter gestire un’affluenza tanto enorme». La decisione ha scatenato le proteste fuori dall’ufficio dove, immortalate dai video e foto subito postati sui social network, quasi 200 persone hanno cominciato a gridare «Fateci votare», «Siamo in America, non nel Terzo Mondo».
Da mesi i giornali americani dedicano ampi articoli alle nuove leggi straordinarie e senza precedenti varate soprattutto negli Stati in bilico e del Sud per restringere l’accesso al voto. Oltre alla Florida, contestazioni ci sono state anche in Ohio. «Si tratta di leggi ad hoc volute da governatori repubblicani per tenere lontani ispanici e minoranze», punta il dito il gruppo per la difesa dei diritti civili Advancement Project. Spiega Wendy Weiser, direttrice del Brennan’s Democracy Program: «È una tattica politica machiavellica per impedire il voto ai gruppi più filo-Obama».


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