Obama: ora la riforma dell’immigrazione

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Il presidente eletto messicano Enrique Peà±a Nieto è molto critico nei confronti delle leggi sui clandestini di alcuni Stati degli Usa
«Possiamo varare la riforma dell’immigrazione, tocca al Congresso agire». Il presidente americano Barack Obama sfrutta l’arrivo alla Casa Bianca del collega messicano Enrique Pena Nieto per dirsi a favore di una legge capace di sanare il problema dovuto ad oltre 11 milioni di immigrati illegali dentro i confini degli Stati Uniti.
Obama aveva promesso la riforma già  nel 2009 ma la battaglia sulla Sanità  l’aveva obbligato a cambiare direzione e ora, dopo una rielezione dovuta in primo luogo al record del 71% di ispanici che lo hanno votato, si dice determinato a centrare l’obiettivo. «Vi sono le condizioni per siglare una riforma dell’immigrazione di ampie dimensioni – spiega il portavoce Jay Carney – perché c’è un consenso bipartisan in materia, anche in ragione delle positive conseguenze che ne avrebbe la ripresa dell’economia». Il termine «bipartisan» si riferisce alla presenza fra i ranghi repubblicani di nomi di spicco, come i senatori Lindsey Graham, John McCain e Marco Rubio, sostenitori di una riforma «nel rispetto della legalità », secondo una formula spesso adoperata dall’ex governatore della Florida Jeb Bush. Sebbene Obama non si pronunci sui contenuti preferendo chiedere al Congresso di Washington «prendere l’iniziativa» – come avvenne nel 2009 sulla riforma della Sanità  – sul suo tavolo c’è la bozza redatta da Graham assieme al senatore democratico Chuck Schumer nella quale si ipotizza un «percorso verso la cittadinanza» per quegli illegali che hanno sempre lavorato e pagato le tasse sui redditi senza commettere reati.
A sostenere l’«urgenza della riforma dell’immigrazione» è stato anche il presidente Nieto, che si insedierà  sabato a Città  del Messico, in ragione del fatto che fra i 12 milioni di connazionali residenti negli Stati Uniti circa la metà  restano clandestini. Nieto è un aspro critico delle rigide leggi contro gli immigrati approvate in diversi Stati, dall’Arizona all’Alabama, ritenendole «discriminatorie» e «contrarie all’interesse comune delle nostre nazioni» che è di «sostenere l’immigrazione come motore dello sviluppo del Nordamerica». Per questo Nieto vedrà  a Washington i leader del Congresso al fine di sostenere la necessità  di approvare in tempi stretti una riforma che potrebbe giovare al Messico assicurandogli maggiore rimesse da parte degli emigrati.
Per Obama la convergenza con Nieto sull’«urgenza della riforma» significa disporre di un terreno comune sul quale consolidare il consenso delle comunità  ispaniche per il partito democratico ed anche costruire una salda intesa bilaterale per affrontare temi più ostici come la lotta al crimine organizzato. La scelta di Felipe Calderon, predecessore di Nieto, di ricorrere dal 2006 all’esercito per combattere le gang dei narcos ha avuto infatti il sostegno di Washington portando però a risultati parziali, senza contare le oltre 57 mila vittime di un vero e proprio conflitto armato. Nieto preme dunque per un cambio di strategia contro i narcos ma Obama su questo fronte esita. Alla Casa Bianca si è parlato anche di incrementare il commercio con l’area del Pacifico e di piani di sviluppo comune dell’energia, tradizionale e rinnovabile, a conferma che per Obama il Messico è un partner strategico sui temi dell’economia.


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