Tra Usa e Europa torna la Voglia di Mercato comune

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A Washington il presidente Barack Obama pare deciso a rilanciare l’idea di un grande accordo commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, sul modello del Nafta (l’intesa tra Stati Uniti, Canada e Messico). In Europa si moltiplicano gli studi. La Commissione europea stima che la liberalizzazione degli scambi con il partner americano farebbe aumentare del 50% il flusso degli scambi e di circa 115 miliardi di euro il pil dell’Ue (1% in più).
L’idea si perde nel tempo. Nel 2005 l’ha rilanciata la cancelliera Angela Merkel, approfittando della presidenza di turno del G8, e, pochi mesi fa, sull’altra sponda, il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Ora è al lavoro un Comitato Ue-Usa che dovrebbe arrivare a una qualche conclusione all’inizio del 2013. Tra gli osservatori americani prevale un certo ottimismo: la crisi mondiale dovrebbe spingere i due storici partner a massimizzare ogni occasione di crescita. E, oggettivamente, non ci sono nel mondo economie più compatibili e già  più interdipendenti di quelle degli Stati Uniti e dell’Europa. Tuttavia esistono ancora robuste barriere. L’agricoltura europea è tra la più protette del pianeta. E, simmetricamente, l’industria americana è tra le più sovvenzionate. Ma pesano, finora in modo decisivo, le diverse concezioni giuridiche. Un solo esempio: il principio di precauzione che disciplina, tra l’altro, le decisioni sulla commerciabilità  di un prodotto della catena alimentare. In Europa si declina così: prima di essere ammesso sul mercato ogni singolo genere deve essere controllato in modo da escludere ogni possibile rischio. Negli Stati Uniti, invece, le verifiche intervengono solo quando si palesa un potenziale pericolo. Ecco perché, giusto per citare un’applicazione concreta, i mangimi ogm non hanno praticamente limitazioni in America, mentre sono severamente filtrati dall’Unione Europea. E non è una differenza di poco conto.


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