Giustizia trucidata

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 La Germania, raccontano le cronache, costringe gli anziani indigenti ad espatriare alla ricerca di situazioni più agevoli di assistenza. Ma tiene ben stretti al suo seno (come definirlo, materno o di nostalgia hitleriana?) i nazisti assassini condannati dai tribunali militari italiani all’ergastolo. Sono i sicari che per conto del Fà¼hrer tra il 1943 e il 1945 fecero massacri: bambini, vecchi, donne e militari che avevano alzato bandiera bianca furono rapinati ed eliminati come se si fosse trattato di erba secca. Li fecero passare come partigiani, persino i piccoli appena nati, persino quelli mai nati, cavati, per puro sadismo, dai ventri delle madri. Non sono fantasie, sono fatti documentati, nascosti per mezzo secolo nell’armadio della vergogna. Decine e decine di migliaia le vittime, perché con il tempo si è scoperto che innumerevoli stragi neanche erano finite in quell’armadio. Ma di questo le cronache non parlano, né quelle tedesche, né, tanto meno, tranne pochissime eccezioni, quelle italiane. Una vergogna, un disonore, uno schiaffo all’umanità . Ma, e lo scrivo con somma prudenza, qualcosa forse sta cambiando. La ministra della GiuFranco Giustolisi stizia Paola Severino ha chiesto ai due procuratori militari di Roma e di Verona, rispettivamente Marco De Paolis ed Enrico Buttitta – tutte le altre procure sono state soppresse – gli incartamenti riguardanti i condannati, a tutt’oggi circa 18, dato che molti sono deceduti per limiti d’età .
Quando trucidarono erano giovani e pimpanti, ora che sono passati 69 anni, sono vecchi e decrepiti, ma sempre brutali assassini o sicari rimangono. E, poi, questi sono delitti imprescrittibili. Va subito precisato, però, che questa non è la prima richiesta che viene formulata ai magistrati militari, ma quest’ultima per l’urgenza con la quale si sollecitano le risposte e il tono usato, fanno pensare che lassù, dove non c’è nessuno che ci ama, abbiano fatto finalmente breccia le reazioni di pochi, pochissimi, purtroppo, incazzati. O, più probabilmente, la sentenza di un tribunale di Stoccarda che ha assolto i sicari di Stazzema ritenendo impossibile provare la loro reità , anche se alcuni sono rei confessi, già  condannati dalla giustizia italiana. Giorgio Napolitano l’ha definita una situazione «sconcertante» come ha tenuto a ripetere nella lettera di risposta che mi ha inviato dopo un mio appello. Innocenti come rifiuti Ma come si è andati avanti in questi anni? L’Armadio viene scoperto e, comunque aperto nel giugno del 1994: contiene i fascicoli di 695 stragi civili e militari (Marzabotto, Stazzema, Fivizzano, Cefalonia e via trucidando), in 415 dei quali sono già  annotati i nomi dei criminali che tolsero la vita ad innocenti come si trattasse di rifiuti. Fu fatto un lavoro certosino: come ricostruire un mosaico con tessere disperse a Berlino, Amburgo, Vienna. Merito di due carabinieri multilingue, i sottufficiali Sandro Romano e Franz Stuppner, e della tenacia del procuratore De Paolis cui toccò la maggior parte del lavoro avendo la competenza per i reati dalla linea gotica in su, quando era a La Spezia e ora che è a Roma, per quel che riguarda l’assassinio dei nostri militari dopo che avevano alzato bandiera bianca.
A ogni condanna seguiva la rituale richiesta tramite l’Interpol, di adeguarsi alle norme internazionali che prevedono l’applicazione delle sentenze. Ma in Germania non c’è un ministero di Grazia e Giustizia come da noi, ogni land si muove a modo suo e così arrivarono le risposte più disperate e in ogni modo dispersive: «…non è possibile, secondo voi fare scontare la pena a coloro che sono stati condannati nella loro patria?» scrivevano da Berlino. «Certamente», rispondeva sollevato De Paolis. Ma ecco che arriva l’ulteriore obiezione: «Si tratta, però, di processi svoltisi in contumacia…». «Noi avremmo voluto che gli imputati si presentassero, ma non c’è stato verso… ma gli abbiamo assicurato i difensori d’ufficio…». Ed è stato quasi sempre presente, aggiungo io, un funzionario dell’ambasciata tedesca a Roma per controllare l’andamento dei processi e non risulta che sia stato rilevato alcunché di anormale. Tutte scuse, ovviamente, come è avvenuto, per esempio, relativamente a due sicari di Cefalonia, Brus Werner e Heinrich Schendel. Ma per Gerard Sommer, l’ufficiale comandante di una delle compagnie che in quel paesino sulle Alpi Apuane seminò la morte culminata con il fuoco, neanche è stata data alcuna risposta, nonostante i solleciti. Evidentemente al di là  del Reno la giustizia italiana non è tenuta in gran conto, e di qua, perlomeno sinora, non si è fatto nulla per chiedere il rispetto dovuto.
Una trattativa tra stati Da Vienna, in risposta alla comunicazione della condanna all’ergastolo di Hubert Bicler, uno dei massacratori di Marzabotto, hanno chiesto l’invio di tutti i fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste. Immaginate uno stanzone lungo sette o otto metri, largo quattro o cinque e altrettanto alto, pieno zeppo di carte sino al soffitto… La questione l’ha risolta lo stesso Bicler, morto proprio in questi giorni. Ha detto recentemente De Paolis, come ha riportato l’Unità  : «Il problema può essere risolto solo con una trattativa tra Stati». Infatti. Ma uno fa solo finta di sentire e l’altro, capite a chi alludo, non parla, non agisce, fa lo gnorri. Fabrizio Fabretti, procuratore capo presso la Corte d’Appello di Roma, nel febbraio del 2010, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario militare si rivolse pubblicamente al ministro berlusconiano della Difesa, nonché di vecchio stampo missino, Ignazio La Russa. Non ebbe risposta né pubblica né privata. Ci riprovò l’anno successivo con il berlusconiano «senza quid» ministro della Giustizia Angelino Alfano. Risultato come sopra. Eppure si stava per dichiarare guerra al Brasile per la mancata estradizione del terrorista Cesare Battisti che di innocenti ne aveva ammazzati molti, molti, molti di meno. Alla carica, in anni montiani, sono scesi, ai primi di giugno dell’anno appena trascorso, tutti i senatori, dicasi tutti i senatori del Pd. Mica uno Scilipoti di passaggio, no, 104 senatori di quello che nelle previsioni è considerato il maggior partito italiano. Silenzio assoluto dai tre ministri, Difesa, Esteri e Giustizia, ai quali era stata rivolta l’interrogazione. Non sono un montiano, ma certamente meglio di Berlusconi è, come tutti, del resto. Eppure il comportamento è stato lo stesso. Nella sua magnificata agenda ha inserito qualche virgola sul tema? Gli ho scritto segnalandogli quel che disse il 12 agosto a Stazzema nel 68mo anniversario del massacro, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz: «…questi criminali nazisti debbono essere perseguiti sino alla fine dei loro giorni». Non ha risposto, Monti, dico. Forse avrà  suggerito alla Severino di interessarsi? Magari, ma non lo so. Una voce che impone il silenzio I senatori del Pd non hanno avuto neanche una riga di attenzione né sulla carta stampata, né dalle tv, né dalle radio. Come capitò al procuratore Fabretti. Deve correre una voce misteriosa che impone il silenzio.
 Quindi c’è un mistero. Il sottoscritto, anzi il soprascritto perché oramai quasi tutti i giornali mettono i nomi degli autori in testa agli articoli, è stato cacciato dall’Anpi per lesa maestà . Il presidente dell’Anpi nazionale, Carlo Smuraglia ha imposto a Francesco Polcaro, presidente dell’Anpi di Roma, di eliminare il fastidioso problema di chi cerca di non nascondere la verità  e lui, da bravo cortigiano, ha eseguito non rinnovandomi la tessera di merito conferitami una decina di anni fa. Mi dispiace per l’associazione che porta il nostro ricordo all’antifascismo, alla lotta partigiana, alla democrazia, alla Costituzione. Per quel che mi riguarda mi vien da ridere. Ora vi racconto i fatti, a prescindere da me, fatti comprovati, non chiacchiere. Si comincia nei primi anni Duemila a Milano in un incontro tra l’allora sindaco di Stazzema, Gian Piero Lorenzoni, accompagnato da un suo assessore e chi scrive, con due alti dirigenti dell’associazione nazionale: il futuro presidente Raimondo Ricci, partigiano, e l’avvocato Gianfranco Maris, ex parlamentare comunista. Noi vogliamo una commissione parlamentare d’inchiesta, loro no. La commissione si farà , grazie anche al determinante aiuto di Massimo Rendina, già  capo di stato maggiore della prima divisione Garibaldi dei partigiani, e allora presidente dell’Anpi romana. E fu sempre grazie al suo aiuto che Walter Veltroni, a quell’epoca sindaco di Roma, ospiterà  all’Auditorium 148 sindaci delle località  delle stragi. È presente anche Arrigo Boldrini, il mitico compagno Bulow, medaglia d’oro al valor partigiano.
Lo accompagna il suo vice Tino Casali, anche lui decorato, che poi gli succederà . Fu proprio quest’ultimo a dare ragione pubblicamente alle mie tesi: giornata della memoria, conta delle vittime, formulazione di una richiesta di perdono da parte delle autorità  dello Stato per il seppellimento della memoria nell’armadio della vergogna, monumenti commemorativi. Ma lui, assai malandato, cederà  presto il passo alla vita. Nel 2006, a Chianciano, come delegato presento una mozione che trova immediata accoglienza dei romani e di quasi tutte le altre delegazioni. Commisi l’errore di non metterla in votazione, la portai semplicemente al tavolo della presidenza dove sedeva Maris che, nell’occasione, mi rinfacciò i pessimi risultati conseguiti dalla commissione parlamentare. Ed era vero, ma bisognava tentare. La mia mozione non so dove finì. Due anni dopo a Cervia, convegno nazionale: questa volta la mozione viene messa in votazione (nel testo mancava solo la questione degli ergastolani in libertà  che ancora non si conosceva). Trecento presenti, trecento sì. Un solo astenuto: il presidente Ricci. Non siamo in regime fascista, siamo nella culla della democrazia, eppure mi faranno sapere che quel plebiscito non è servito a niente «perché il presidente non vuole».
Mi faccio sopraffare dal mio temperamento e prendo a male parole il latore del messaggio invece di domandargli, tra l’altro lui è stato uno dei firmatari più convinti di quella mozione, i motivi di quel no. Chissà  se me li avrebbe spiegati. Ultimo atto, per ora. Sale alla presidenza dell’Associazione, o meglio sarebbe dire scende, Carlo Smuraglia. Ha tutte le doti, partecipante alla lotta di liberazione, parlamentare comunista, membro del Csm. Mi sembra di ricordare di averlo conosciuto a suo tempo, gli scrivo una lettera cordiale ricordandogli l’esigenza di affrontare le tante questioni riguardanti le stragi nazifasciste. Risponde, e rimango di stucco, ma ho detto che non voglio commentare: «L’Anpi ha tanto da fare. E c’è da pensare a molte altre stragi, piazza Fontana, Brescia, Bologna…». Un problema da risolvere Non per vanagloria o per svergognare qualcuno, ma sto cercando da anni di risolvere questo problema e allora non posso tacere. Su qualche giornale, in riunioni e dibattiti dico quel che mi è stato scritto. Aggiungo anche che l’atto di nascita di una fantomatica commissione viene anticipato perlomeno di circa cinque mesi rispetto a quello reale. Secondo Polcaro avrei nascosto il benefico effetto di questa commissione, «i cui risultati sono stati ampiamente “pubblicizzati”», scrive. C’è qualcuno in Danimarca che se ne sia accorto? Sapere o non sapere… E poi, prosegue Polcaro che tra l’altro condivideva le cose soprascritte tanto da farsi promotore del tema in un dibattito all’Università  La Sapienza, il colpevole di lesa maestà  parla di un mistero dove mistero non c’è. Eppure pur con la più sfrenata fantasia tipica di gente che vede lucciole per lanterne, alludo a me stesso, qualcuno dovrebbe spiegare come mai tante porte, inizialmente spalancate, quelle di istituzioni, di partiti, di giornali, si siano immediatamente sbarrate. Chi sa, si fa girare la voce «c’è un pazzo che si aggira per la Danimarca».
C’è chi sostiene che il tutto nasca da un’interpretazione antica: lasciar perdere storia, memoria e giustizia per non riaprire le vecchie diatribe fascismo-antifascismo. Ma se questo fosse, avrebbe avuto un senso, forse, molto forse negli anni lontani del dopoguerra. Ma oggi, con la Costituzione che ha messo fuori gioco il fascismo, che senso avrebbe? P.S. Il presidente Smuraglia con una lunga e dignitosa lettera su History dello scorso dicembre in risposta a una lunghissima intervista fattami sempre da History nel numero di ottobre, cerca di smentire la mia ipotesi del mistero. Ma, come Amleto, non mi convinco, anche perché oltre all’attuale atteggiamento della presidenza odierna c’è da considerare quello dei predecessori. Insomma qualcuno dovrà  pur spiegare perché della più grande, e di gran lunga, tragedia italiana non si parla né si affrontano i problemi che ha lasciato. Quanto all’interrogazione dei senatori pd, tutti i senatori pd, mi vanto di essere stato io a promuoverla. Alludo a quella presentata a giugno.

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OGGI A CIVITELLA ROVETO
Medaglia d’oro ai fratelli Durante

Si terrà  oggi alle 16, presso l’auditorium Vincenzo Zanella di Civitella Roveto (L’Aquila), la cerimonia di consegna della medaglia d’oro al valor civile (onorificenza concessa dal capo dello stato Giorgio Napolitano) alla memoria di Mario e Bruno Durante, i due fratelli trucidati dai nazisti tra il 26 e il 27 maggio 1944. Promotori dell’iniziativa la sezione marsicana dell’Anpi e l’associazione culturale “Il Liri”. Mario e Bruno Durante erano figli di due maestri, Antonio e Violetta De Blasis. Nati a Balsorano, risiedevano a Meta, frazione di Civitella. Bruno era guardia marina, Mario studente in giurisprudenza. La mattina del primo maggio 1944, furono arrestati dai tedeschi perché si rifiutarono di rivelare dove si nascondessero il loro fratello, Faustino, e altri militari alleati ricercati. I tedeschi li torturarono, senza però riuscire a ottenere le informazioni che cercavano. Così furono barbaramente uccisi vicino a Tagliacozzo e sepolti in un luogo sconosciuto. La figlia di Faustino, Brunamaria, che porta i nomi degli zii trucidati, a settembre, durante un incontro al Comune di Avezzano, disse: «I miei zii si sono comportati da eroi. Ai ragazzi bisogna insegnare il valore del sacrificio per gli altri».


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