Israele fa il suo test di guerra

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GERUSALEMME. Il governo israeliano tace e l’agenzia di stampa libanese e l’Unifil smentiscono. Eppure ieri con il passare delle ore si è fatta sempre più consistente l’indiscrezione riferita da fonti diplomatiche occidentali e “regionali” alla Reuters di un attacco compiuto nella notte tra martedì e mercoledì dall’aviazione israeliana sul confine tra Libano e Siria. Obiettivo, secondo queste fonti, un convoglio di armi diretto al movimento sciita Hezbollah. La notizia ha subito fatto salire la tensione in un’area già  segnata dalle conseguenze della guerra civile siriana. L’attacco, se confermato, potrebbe essere stato un test delle reazioni di Hezbollah, Siria e Iran a un blitz militare israeliano. E rappresentare la scintilla di un conflitto più ampio.
È passata solo una settimana dalle elezioni israeliane ma del quadro politico interno e dell’inizio, ieri, delle consultazioni da parte del capo dello Stato Shimon Peres si parla ben poco. L’attenzione è tornata sugli sviluppi della crisi siriana e sul programma nucleare iraniano. Si respira di nuovo un’atmosfera di guerra imminente e non pochi israeliani fanno la fila davanti alle basi della protezione civile per ritirare le maschere antigas.
Ieri sera non erano noti tutti i particolari dell’accaduto. Di sicuro si sa che almeno 12 caccia con la Stella di David sono entrati nello spazio aereo libanese in tre ondate successive. La prima martedì pomeriggio tra le 16 e le 17, la seconda durante la notte intorno alle 2, la terza poco prima delle 8 di ieri. L’attacco sarebbe avvenuto durante la seconda ondata all’interno del territorio siriano. Questo spiegherebbe le smentite libanesi e dell’Unifil dell’attacco aereo.
La stampa israeliana ha provato a ricostruire la rotta seguita dai caccia. Maariv ritiene probabile che gli aerei abbiano sorvolato l’alta Galilea, il Golan e quindi abbiano puntato verso nord per colpire una località  a metà  strada fra Damasco e Beirut. Canale 10 ritiene che l’attacco sia avvenuto fra Zabadani (Siria) e Nabi Shit (Libano). Secondo Haaretz invece gli aerei israeliani avrebbero sorvolato il Mediterraneo fino a Beirut per poi puntare verso il confine con la Siria.
Martedì in ogni caso il clima era stato appesantito dalle dichiarazioni del capo dell’aviazione israeliana, generale Amir Eshel, che aveva lanciato l’allarme sull’arsenale siriano mentre il regime di Assad «precipita nel caos». Il sito Al-Monitor poi ha riportato che il generale Aviv Kochavi, capo dell’intelligence militare israeliana, ha avuto proprio martedì un incontro riservato a Washington con i rappresentanti della sicurezza nazionale Usa.
Dall’altra parte delle linee di demarcazione nessuno ha commentato le indiscrezioni riferite dalla Reuters. A Damasco e nel resto della Siria si vivono fasi drammatiche e delicate e non è facile comprendere la situazione reale sul terreno. Bashar Assad qualche giorno fa, in un’intervista, ha ribadito che l’esercito mantiene l’iniziativa e che i ribelli arretrano. L’opposizione siriana, da parte sua, fa un quadro della situazione ben diverso e si prepara a «incassare» aiuti molto generosi. I lavori della conferenza dei donatori per la Siria sono cominciati ieri in Kuwait con la promessa di un primo contributo di 600 milioni di dollari «alla Siria». Il Kuwait e gli Emirati Arabi uniti hanno rispettivamente promesso 300 milioni di dollari. L’obiettivo della Conferenza è di raccogliere almeno un miliardo e mezzo, ufficialmente per i profughi di guerra, di fatto a sostegno della ribellione anti-Assad. Da parte sua l’Ue sta valutando una possibile revisione dell’embargo sulle armi destinate alla Siria per andare in soccorso dell’opposizione. Se ne discuterà  oggi a Bruxelles al Consiglio dei ministri degli esteri ma una decisione non arriverà  prima di metà  febbraio.
Intanto governo e ribelli siriani si scambiano dure accuse dopo che decine, forse un centinaio di giovani vittime di esecuzioni sommarie sono stati trovati nel sobborgo di Bustan al Qasr di Aleppo, lungo il fiume Quweiq. Molti cadaveri avevano le mani legate dietro la schiena. Secondo l’opposizione sarebbero stati uccisi dai lealisti. Il governo smentisce e accusa i jihadisti del Fronte al Nusra. Il massacro ha spinto l’inviato speciale Lakhdar Brahimi ad avvertire il Consiglio di Sicurezza che l’Onu non può restare diviso «aspettando che arrivino giorni migliori».


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