Grillo dai No Tav «Giù le bandiere Siamo tutti con voi»

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SUSA — «Tirate pure tutti giù le bandiere, tanto siamo tutti No Tav qua». Applausi. Inizia così Beppe Grillo, scaldando la sua folla: prende la parola in Val di Susa, davanti a circa duemila persone intervenute per ascoltare il suo comizio elettorale. In piazza prima dell’arrivo del leader, risuonano gli «inni» dei Cinque Stelle e dei No Tav uno dopo l’altro. E i vessilli del comitato sventolano indosso a donne, giovani, persino a un cane. Grillo esce dal camper (dopo un breve colloquio con Alberto Perino, uno dei leader del movimento contro l’Alta velocità ) dribbla i giornalisti e scherza: «L’ultima volta che sono qui mi sono preso un candelotto e un processo. Io non so se riesco ad andare via incolume». Poi allontana un cameraman che era salito sul palco.
Il leader Cinque Stelle chiede all’operatore per quale tv lavori e alla risposta «Raitre» attacca: «La Rai ha tre reti, ne basta una, le altre due le mettiamo in vendita, questa è la riforma che faremo». Ancora applausi.
Un feeling continuo tra la piazza e Grillo, che si incrina in un timido silenzio quando lo showman parla delle piccole medie e imprese. Ma Grillo è un fiume in piena. «Il governo si è costituito parte civile per il danno d’immagine che i No Tav gli avrebbero arrecato… Ma quale immagine, come se questo governo avesse ancora un’immagine». Poi si scatena sulla giustizia.
Attacca la mole di leggi e norme del codice italiano e dice «Se non hai un avvocato come Ghedini vai in galera. Oggi la giustizia protegge il delinquente e manda in galera l’innocente. Prendete i processi. Prendete il mio qui (in Valle di Susa dopo lo sgombero della baita in Clarea, nda). Sono entrato per brindare in una baita e mi è arrivata una denuncia penale per distruzione di un sigillo già  distrutto da altri. Il mio avvocato mi ha detto: non ce la faccio». Grillo parla delle dimissioni di Benedetto XVI: «Questo Paese non c’è più, sta fallendo anche il Vaticano. L’amministratore delegato lo tengono in ostaggio a Castel Gandolfo. Il Papa ha lasciato perché è un tedesco e i tedeschi lasciano quando non ce la fanno. Non si capisce perché le chiese sono vuote e perché i preti si comportano così». Più tardi, con la stampa, ribadisce: «La Chiesa è presente con grandi personaggi come padre Zanotelli, don Gallo, ma poi è distante dalla gente». Intanto, sul palco, si alternano i candidati. E quando è il turno di Marco Scibona, capolista grillino al Senato in Piemonte ed esponente No Tav (al punto da indossare una doppia spilla sul cappotto), scoppia il boato della folla. C’è chi dice: «Non vedo l’ora di votare». Un signore interrompe Grillo: «Io sono quarant’anni che non voto, ora sono andato a prendere la tessera elettorale».
E in mezzo a programmi, provocazioni e affondi, arrivano le parole che non ti aspetti, che fanno intuire le aspettative elettorali dei Cinque Stelle: «Questo movimento è un sogno. Siamo 5-6 milioni». A margine del comizio, ribadisce i numeri, definendoli «una stima abbastanza attendibile». «Lo spavento di essere la prima forza politica non è spavento, è che tutto è così rapido che adesso ci stiamo organizzando per governare il Paese: è meraviglioso. Così veloce non me lo aspettavo. Poi lavorano per noi: ne arrestano uno ogni 4 ore, sta crollando tutto il sistema. Noi siamo un sistema alternativo proprio nel momento giusto». Temete dei brogli? «Assolutamente sì, saranno dieci giorni di fuoco». E lancia lo sguardo verso l’ultimo comizio: «Voglio vedere a Roma, perché la polizia ci ha già  detto che ci saranno problemi di numero a piazza San Giovanni».
Ma è un futuro ancora abbastanza lontano: Grillo risale sul camper e riparte, verso la prossima meta dello «tsunami».


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