La mano di Hezbollah nell’attentato in Bulgaria

Loading

WASHINGTON — Atto di accusa contro l’Hezbollah. L’attentato di Burgas, Bulgaria, costato la vita a 5 turisti israeliani e al loro autista locale è stato compiuto da una cellula legata al movimento libanese filo-iraniano. Un’operazione condotta da militanti d’origine araba ma con nazionalità  australiana e canadese.
La verità  ufficiale, resa nota ieri dal governo di Sofia, mette l’Unione Europea in una posizione scomoda. L’Ue dovrà  decidere se inserire il gruppo nella lista del terrorismo, come chiede con forza Israele. Il premier israeliano Netanyahu è stato chiaro: «Traete ora le vostre conclusioni». Gli Usa, a loro volta, hanno esortato i partner ad intervenire per smantellare il network Hezbollah. Appello accompagnato da indiscrezioni anonime piuttosto acide: Francia e Germania avrebbero chiesto ai bulgari di non fare riferimento diretto alla fazione libanese. Una prudenza emersa anche dalle reazioni dell’Unione. Nel primo comunicato la rappresentante per la politica estera Catherine Ashton ha annunciato una «risposta appropriata», anche se «dobbiamo riflettere e pensare molto bene». Ma, cosa più importante, Ashton si è guardata bene dall’usare il termine Hezbollah. Tutto è rimandato a consultazioni collettive e agli sviluppi dell’inchiesta, ancora incompleta.
L’indagine di Sofia ha chiarito solo alcuni aspetti della trama. Al tempo stesso ha lasciato fuori l’Iran, accusato da Gerusalemme di essere l’ispiratore dell’attentato nel quadro di una campagna globale. La polizia bulgara ha fissato alcuni punti: 1) I terroristi hanno usato patenti Usa falsificate in modo grossolano in Libano. 2) Almeno due hanno vissuto nel paese arabo tra il 2006 e il 2010, poi hanno viaggiato in modo esteso, entrando in Bulgaria con passaporti (autentici) canadese e australiano. I «loro» documenti. E per questo li hanno identificati con sicurezza. 3) Ci sono le prove di un sostegno finanziario per compiere l’attentato e un legame con l’apparato militare dell’Hezbollah. 4) La fase finale è scattata il 28 giugno, quando i tre sono arrivati in Bulgaria dove sono rimasti fino alla data dell’attentato, il 18 luglio. Quel giorno il terrorista si è avvicinato al bus con i turisti israeliani all’aeroporto di Burgas ed è saltato per aria.
Fonti dell’Europol hanno aggiunto che l’ordigno era molto sofisticato e che, come si era sospettato, è stato attivato a distanza con un radiocomando. Dunque non si sarebbe trattato di un’azione suicida. Chi ha fatto detonare la carica ha commesso un errore? Ha usato un attentatore «inconsapevole»? Oppure hanno impiegato questo modus operandi per essere sicuri di non sbagliare? Di certo, il ritrovamento dei resti dell’attentatore e la sua patente hanno rappresentato un punto di partenza per le indagini. Il rapporto bulgaro ha confermato quanto da noi rivelato sull’uso di passaporti e cittadini occidentali da parte dell’Hezbollah e della divisione Quds iraniana. In una serie di attentati i terroristi avevano passaporti originali di diversa provenienza (Canada, Svezia), documenti legati alla loro residenza — legale — in questi Paesi.
Secondo fonti investigative, l’Hezbollah ha creato una struttura per individuare militanti già  presenti in Occidente e fornire loro un supporto. Quanto all’esecuzione fonti di stampa hanno parlato di una misteriosa «Unità  400», formata per compiere azioni eversive e rispondere all’eliminazione degli scienziati nucleari da parte di Israele. Così hanno pianificato attacchi — non sempre riusciti — in Thailandia, India, Azerbaigian, Cipro. Poi è arrivato il colpo a Burgas con un bilancio e conseguenze politiche pesanti.


Related Articles

Voltare pagina

Loading

Speriamo. Speriamo che la festa dell’altra notte a New York e in tante altre città  americane celebrasse la fine di una guerra e non una vittoria sportiva (Obama 1 Osama 0). Speriamo che quei ragazzi salutassero l’emancipazione dal terrore, la liberazione di una nazione per dieci anni tenuta in ostaggio di incubi ingigantiti ad arte.

La «sicurezza» dell’impero

Loading

Menomale che in un mondo così pericoloso qualcuno pensa alla nostra sicurezza. Lo fanno gli autorevoli esponenti che si ritrovano a Monaco per l’annuale Conferenza internazionale sulla sicurezza. All’edizione 2013 (1-3 febbraio), cui non poteva mancare il ministro della difesa Di Paola, è stato Joe Biden, vicepresidente Usa, a tracciare le linee guida.

Le armi chimiche siriane passeranno in un porto italiano

Loading

La Bonino: ma non toccheranno il nostro territorio. Riserbo del governo sulla località interessata, probabilmente sarà una base militare

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment