L’ape operaia va in paradiso

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MILANO. Senza scomodare quel catastrofista di Albert Einstein, secondo il quale se le api dovessero scomparire all’umanità  resterebbero quattro anni di vita, c’è qualcosa di irrituale se la Commissione europea ieri ha convocato attorno a un tavolo i rappresentanti dei 27 stati membri per parlare di insetti impollinatori. C’era una decisione non facile da prendere: vietare i pesticidi neonicotinoidi che uccidono le api minacciando la catena alimentare e la biodiversità  del pianeta terra. Secondo l’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), l’84% delle principali colture europee dipende dall’impollinazione degli insetti.
Un colossale giro d’affari
Non è una questione che interessa solo ecologisti sognatori o cultori del nettare divino, è un problema che tocca gli interessi colossali di alcune tra le più potenti multinazionali agrochimiche del mondo, Bayer, Syngenta e Basf su tutte. Appena due settimane fa, tanto per dare l’idea degli interessi in gioco, i colossi hanno licenziato un rapporto multidisciplinare per «avvisare» gli stati europei: l’economia del vecchio continente con l’utilizzo dei neonicotinoidi trarrebbe benefici per 4,5 miliardi di euro all’anno, e il loro abbandono costerebbe circa 50 mila posti di lavoro nel settore agricolo. Per contro, ma questo dato non era contenuto nel rapporto, altre stime dicono che i servizi resi dagli insetti impollinatori, se monetizzati, si aggirano attorno a 115 miliardi di euro, all’anno.
E cosa ha deciso la Commissione europea? Di non decidere. O meglio, ha proposto la sospensione per due anni degli insetticidi killer (Clothianidin, Thiamethoxam e Imidacloprid, il più utilizzato al mondo) sulle colture di mais, colza, girasole e cotone. Il regolamento con il relativo divieto verrà  valutato nella prossima riunione fissata per il 25 febbraio. Se approvato, entrerà  in vigore a luglio. Nel comitato Ue, le proposte della Commissione possono essere respinte solo a maggioranza qualificata degli stati membri. E’ probabile che nelle prossime settimane i Cda delle multinazionali chimiche non rimarranno con le mani in mano.
L’amarezza degli ecologisti
Per Francesco Panella, presidente di Unaapi – l’unione degli apicoltori italiani che ha lanciato una petizione on line raccogliendo più di 250 mila firme in pochi giorni – si tratta di una non decisione molto pericolosa. «In mancanza di una scelta di campo comunitaria netta – spiega – l’Italia potrebbe trovarsi di fronte a uno scenario come quello degli Stati uniti in cui oltre la metà  del terreno agricolo coltivato viene trattato con queste sostanze e in cui ogni anno muore il 30-40% degli alveari». Gli apicoltori a questo punto non accettano compromessi e chiedono l’immediato ritiro dell’autorizzazione d’uso di tutti i pesticidi. Anche Federica Ferrario, responsabile della Campagna Agricoltura di Greenpeace, critica la mezza proposta della Commissione europea. «E’ un primo e positivo passo in avanti – dice – ma sicuramente non basta. Queste sostanze sono fonte di problemi per gli insetti impollinatori anche quando vengono utilizzati in colture diverse da quelle menzionate dalla proposta della Commissione». Secondo Greenpeace, «il declino delle api è solo uno dei sintomi di un sistema agricolo basato sull’uso intensivo di prodotti chimici al servizio di multinazionali come Bayer e Syngenta, un sistema che ha fallito l’obiettivo di garantire una produzione abbondante tutelando al tempo stesso l’ambiente». Alessandro Triantafyllidis, presidente dell’Aiab, chiede un intervento più coraggioso. «L’Italia colga lo spirito dell’iniziativa della Commissione europea e decreti il divieto definitivo dell’uso dei neonicotinoidi invece di continuare con ridicole proroghe come l’ultima di appena sei mesi. Queste sostanze, ormai in modo evidente, rappresentano un rischio per la salute delle api». Ermete Realacci, responsabile della Green economy del Pd, si rivolge al ministro dell’Ambiente Catania. «Il ministro – sostiene Realacci – aveva già  annunciato lo scorso settembre la proroga del divieto dei neonicotinoidi fino al giugno 2013, ora ci sono tutte le condizioni perché l’Italia, in continuità  con gli impegni presi a livello nazionale, si esprima anche in sede europea in favore della sospensione dei pesticidi».
Un colpo durissimo per le industrie
La pericolosità  di questi insetticidi, commercializzati con i nomi Gaucho, Cruiser, Poncho, Nuprid e Argento, è stata confermata anche da tre rapporti scientifici pubblicati il 16 gennaio dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), con sede a Parma. Questa «scoperta» è un colpo durissimoper le multinazionali proprio perché l’Efsa è sempre stata piuttosto tenera – e per questo molto discussa – con i colossi dell’industria agroalimentare.
La questione, negli anni, ha spaccato la comunità  scientifica, che a più riprese ha prodotto studi controversi – o «polveroni mediatici», come li definisce il presidente di Unaapi – per evidenziare le diverse cause «multifattoriali» che provocherebbero la morìa delle api (alcune ricerche però erano state finanziate dalla Bayer). Adesso però sarà  complicato screditare, o ignorare, questo ultimo rapporto commissionato dalla Commissione europea. «Abbiamo identificato dei rischi per le api – ha spiegato a le Monde Domenica Auteri, ricercatrice dell’Efsa – in relazione a tre principali vie d’esposizione degli insetti. Sono le polveri prodotte dai granuli durante la semina, la contaminazione dal polline e dal nettare e, nel caso del mais, dalla gocciatura delle piante impregnate di pesticida». Quanto alle sole polveri prodotte durante la semina e trasportate dal vento, la dose letale per le api è stata stimata attorno a qualche miliardesimo di grammo.
Di fatto i ricercatori dell’Efsa hanno confutato i risultati dei test scientifici che nei primi anni Novanta avevano aperto la strada alla commercializzazione dei pesticidi. Non erano stati valutati gli effetti di sinergia con altri agenti patogeni presenti in altri prodotti fitosanitari, non erano stati valutati tutti gli altri effetti non mortali per gli insetti (come il disorientamento e la perdita della memoria delle api che non riescono più a fare ritorno agli alveari), e non erano stati commissionati test validi su vaste superfici agricole.
Le conclusioni dell’Efsa del resto non sono del tutto sorprendenti per la comunità  scientifica europea. Secondo Laura Maxim, una delle ricercatrici francesi più in vista al centro di controversie sull’utilizzo di queste sostanze tossiche in agricoltura, «già  dieci anni fa il Comitato scientifico e tecnico dell’Cnrs era pervenuto alle stesse conclusioni a proposito dell’Imidacloprid». Grazie a quello studio, nel 2003 la Francia aveva vietato l’utilizzo del Gaucho, e due anni dopo un altro rapporto aveva certificato la dannosità  di un altro pesticida, il Regent.
Da buona ultima ieri è stata costretta ad ammetterlo anche la Commissione europea, limitandosi a suggerire due anni di moratoria, magari in attesa di altri studi più convincenti. Di scienziati che non stanno con le api è pieno il mondo.

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Il falso miele invade il mercato mondiale

Dopo le seconda guerra mondiale, in tutto il mondo lo sviluppo dell’apicoltura ha conosciuto una crescita esponenziale, con il conseguente aumento della produttività  di miele. Almeno fino alla fine del secolo scorso. Più o meno dieci anni fa, infatti, nonostante investimenti sempre più rilevanti, soprattutto nei paesi emergenti, in tutto il mondo si verifica il fenomeno della morìa delle api e di conseguenza un calo della produzione di miele. Le cause più evidenti sono due: l’espandersi della produzione agroindustriale, con il conseguente utilizzo su scala planetaria dei pesticidi sotto accusa, e l’affermarsi delle colture Ogm. L’industria alimentare è riuscita a mascherare il calo di produzione di miele immettendo sul mercato il cosiddetto «falso miele». Il fenomeno dell’adulterazione con l’aggiunta di zuccheri è impressionante soprattutto nell’area asiatica, ma ormai sta crescendo anche in altre aree del mondo. L’ultima scoperta dell’adulterazione è l’utilizzo degli zuccheri del riso, non individuabile né tracciabile con l’analisi del carbonio tredici. La sistematica produzione di falsi mieli miscelati, adulterati o ultra filtrati – mieli privi di qualunque connotato di naturalità  – è gestita in maniera molto accorta ed equilibrata dalle industrie alimentari, in modo da non creare eccessivi scompensi nelle quotazioni degli scambi internazionali. Negli ultimi dieci anni sono aumentati, anche negli Usa, processi penali contro la sofisticazione del miele.


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