Meno welfare, più armi. È il Pil del 2010, ma ora sarà  peggio

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Idati che meglio di tutti fotografano l’evoluzione negativa della situazione maliana, sono racchiusi nelle percentuali dedicate rispettivamente all’istruzione di base, 2,8 del Pil, ed a quelle militari, circa il 2%. Le cifre si riferiscono al 2010 e l’equivalenza era già  allora spia di una situazione squilibrata, se consideriamo la necessità  di istruzione di base in un paese dove l’analfabetismo tocca punte del 60% tra le bambine. Ma quello che si profila è certo uno squilibrio ulteriore del quadro, che cambierà  drasticamente a causa dell’aumento per le spese militari cui il Mali dovrà  far fronte per la grave instabilità  geopolitica di tutta l’area. Oltre le basi dei droni americani in Niger, infatti, anche per il Mali sono previsti, da parte francese, investimenti sulla «sicurezza» e per la lotta al terrorismo, e dunque una crescente militarizzazione del territorio ed un esplicito coinvolgimento dell’esercito maliano nel creare un nuovo dispositivo di difesa «flessibile» in appoggio alla force de frappe francese. «Liberare Gao e Timbuktu molto rapidamente faceva parte del piano», ha dichiarato il Ministro degli Esteri francese Fabius, ma «ora tocca ai paesi africani prendere in consegna il territorio. Il contingente francese non rimarrà  a lungo». Ma ad oggi gli 8.000 soldati promessi dai paesi vicini dell’Africa occidentale non sono ancora arrivati, e dunque i francesi rimarranno, ma hanno già  fatto pressioni sul governo maliano affinché «modernizzi» il suo esercito rendendolo complementare a quello francese e, più in generale, a quelli del sistema Nato. Così la percentuale per gli armamenti crescerà  di sicuro mentre quella per l’istruzione, o per la sanità  rimarranno identiche. Un precedente c’è già  ed è la spesa per armamenti del Ciad che è lievitata sino al 7% negli ultimi due anni, mentre gli investimenti in salute di base ed istruzione primaria sono rimasti stabili. Ecco la coincidenza tra gli interessi della guerriglia islamista, mantenere le popolazioni, specie femminili, in stato di ignoranza, e quelli del complesso militar industriale che fa capo alle potenze della Nato. Infatti il segretario dell’Alleanza atlantica Rasmussen non ha esitato a dichiarare che si assiste ad un calo preoccupante degli investimenti militari da parte degli alleati, e che bisogna rilanciare queste voci se si vuole mantenere la leadership globale a fronte di potenze emergenti, vedi la Cina o Iran. Dunque, quale miglior occasione di un’ennesima guerra contro gli alleati di ieri, i guerriglieri anti Gheddafi, per rilanciare la corsa agli armamenti e giustificare l’intervento militare, proprio nel nome delle difesa dei diritti umani e della democrazia? Infine, il Mali riceve circa un miliardo di euro di aiuti internazionali come sostegno agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, per ridurre il numero di persone che vive sotto la soglia di povertà , circa il 20% della popolazione, per combattere la mortalità  materno-infantile, 100 soggetti ogni mille, e via enumerando. Questo significa, tradotto nei famosi F35 italiani, una decina scarsa di aerei, mentre gli accordi internazionali parlavano di cifre almeno quadruple. Insomma, la guerra è un grande affare, per pochi, se unito all’ignoranza ed alla mancanza di salute, per molti. Anche perché, per ora, nessuna voce si è alzata per rivendicare il rispetto di questi impegni e legare il diritto alla salute o all’istruzione alla prospettiva di una pace durevole nella zona.


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