Tornano i timori di una offensiva speculativa

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E ci sono le bordate del Pd e di Mario Monti, così caustico che se ne chiedono le dimissioni da senatore a vita. Ma a indebolire la carta giocata per convincere i delusi del centrodestra è l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: il candidato a Palazzo Chigi della Lega, alleata principale del Pdl.
«Restituire l’Imu? Mi pare ci siano oggettivamente problemi di bilancio pubblico», ha spiegato Tremonti mentre il centrodestra accreditava l’ultima promessa di Berlusconi; e il segretario Angelino Alfano assicurava che se anche «saremo sottoposti a contestazioni e critiche, dimostreremo quanto la proposta sia seria e concreta». Berlusconi è stato liquidatorio: l’ex ministro «non avrà  molta voce in capitolo, quindi». E in serata Roberto Maroni ha «corretto» Tremonti. Mostrare un’incrinatura fra Carroccio e Pdl ora, significa non calcolare gli effetti potenziali a livello regionale e nazionale.
Può portare a una gara interna che moltiplica i voti dell’«asse del Nord», già  dato in vantaggio; ma anche provocare un’ulteriore disaffezione di quell’elettorato che ha accettato malvolentieri la nuova alleanza fra il partito di Roberto Maroni e il Cavaliere. Non solo. La tensione fra l’ex premier e il suo ex superministro rispunta col voto in Lombardia decisivo per gli equilibri in Senato. La scelta del Pdl e del Carroccio è di minimizzare i distinguo tremontiani, e di concentrarsi invece su Monti, indicato come l’avversario da schiacciare politicamente.
Il malgoverno che il presidente del Consiglio attribuisce al passato esecutivo promette infatti di contraddire l’impatto della narrativa berlusconiana. E toglie credibilità  alla tesi secondo la quale l’azione dei tecnici è stata deleteria, subalterna agli interessi tedeschi, recessiva; e ha sistematicamente sminuito i risultati raggiunti dal predecessore. La polemica ha raggiunto l’apice quando ieri Monti ha commentato la promessa del Cavaliere di restituire l’Imu in caso di vittoria, arrivando a parlare addirittura di «qualche elemento di usura».La replica del Pdl è una richiesta di dimissioni del premier da senatore a vita, avanzata da Alfano, e avallata da Berlusconi e poi da Maroni.
Non solo. Intuendo il pericolo che una sua rimonta sia associata a una offensiva finanziaria contro l’Italia, il Cavaliere obietta al Wall Street Journal che «la Borsa va giù perché c’è un grosso scandalo del Monte dei Paschi di Siena». E l’ex ministro Renato Brunetta chiude il cerchio dando la colpa del rialzo dello spread (la differenza fra interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi) al «leader del centrino. A furia di dire che se torna Berlusconi lo spread sale, sta convincendo i mercati». Ma forse Brunetta sopravvaluta Monti; o magari sottovaluta l’impatto internazionale del Cavaliere.


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  La settimana che si apre è quella del referendum. Non è un appuntamento pacifico. Si leggono ogni giorno interventi appassionati e opinioni molto diverse. Non è l’acqua il vero problema del referendum: e non lo è nemmeno il fuoco della fissione nucleare anche se proprio intorno al nucleare il governo ha ingaggiato una sorda battaglia: non sul merito, visto che il Pdl ha dichiarato di lasciare liberi i suoi seguaci, ma sulla questione preliminare se il quesito debba o no essere sottoposto al voto

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