Grillo, niente accordi col Pd “Ecco i nostri due candidati meglio un salto nel buio con loro”

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ROMA — A Montecitorio, il ballottaggio lo ha vinto il napoletano Roberto Fico contro il siciliano Tommaso Currò. A Palazzo Madama, il lombardo-venezuelano Luis Alberto Orellana contro il valsusino Marco Scibona. Così, i 5 stelle hanno scelto i loro candidati per le presidenze delle Camere. Senza venire a patti con il Pd. I pontieri li hanno sentiti nel pomeriggio. Inizialmente si era pensato a un incontro per comunicare i nomi. Poi è saltato. Per motivi di tempi, la versione ufficiale. In realtà , perché con i grillini che annunciano di voler votare solo i propri candidati, «non ha senso». «È un modo per farsi dire di no», dice deluso Luigi Zanda.
Alle otto di sera Roberto Fico esce dalla riunione alla sala della Regina della Camera con il solito sorriso e le mani in tasca. Si schermisce davanti ai complimenti, ricambia gli abbracci. Tra gli sfidanti c’erano la venticinquenne Marta Grande, che non ha voluto sottrarsi nonostante la giovane età , la milanese Paola Carinelli, che però si è ritirata, e l’ingegnere siciliano Tommaso Currò, che ha dato battaglia fino alla fine. Ha prevalso il nome più forte, il più esperto, colui che il
Movimento ha contribuito a fondarlo. E non è un caso: i 5 stelle fin dai primi passi – vogliono dimostrare di fare sul serio. Al Senato tra i candidati c’erano Orellana, Francesco Campanella, Elisa Bulgarelli, Francesco Molinari, Vito Petrocelli e Marco Scibona. Ognuno si è fatto presentare da uno sponsor. Poi, hanno risposto al fuoco di fila delle domande. «Sono arrivato in finale ci racconta il no tav Scibona arrivando alla Camera – ma la mia era una candidatura molto pesante, ho avuto quasi paura di farcela».
I capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi vanno prima in diretta streaming sulla tv on line di Beppe Grillo. Presentano i candidati, rivendicano il metodo democratico con cui sono stati eletti. Mentre parla Fico, Crimi si alza. È fuori, nel corridoio, impegnato in una lunga telefonata.
Poco dopo, in conferenza stampa, nega di aver sentito Beppe Grillo. Quel che è certo, è che il “capo politico” del Movimento 5 stelle si fa sentire su Internet. Già  ieri mattina rivendicava il taglio agli emolumenti dei suoi parlamentari (che dimezzano a 2.500 euro netti lo stipendio base) e invitava il Pd a fare lo stesso. Nel pomeriggio, un post sul blog – poi twittato da Grillo – metteva l’ennesima pietra tombale su un accordo: «In Italia è iniziata una rivoluzione legale. Forse riusciranno a fermarla, ma non con le voci delle loro sirene – scrive il professore universitario genovese Paolo Becchi – Ormai siamo in guerra e, se moriremo, lo faremo solo sul campo di battaglia delle prossime elezioni. È meglio un salto nel buio che un suicidio intellettualmente assistito».


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