La strategia Nato finisce nel cassetto per affrontare la nuova sfida della Cina

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L’annuncio del nuovo capo del Pentagono Chuck Hagel è il primo passo di quella politica di contenimento della spesa militare e di ribilanciamento della disposizione delle forze americane nel mondo che era stata annunciata da tempo dalla Casa Bianca: rafforzamento dell’apparato militare in Estremo Oriente a tutela dei crescenti interessi americani nel Pacifico. E creazione di uno scudo a protezione degli alleati, a partire da Giappone e Corea del Sud, che si sentono minacciati, oltre che dal regime di Pyongyang, dall’espansionismo e dalla crescente forza militare ed economica della Cina. Colpiscono, però, le modalità  di questo ribilanciamento: rinviando il piano dei nuovi euromissili, la Casa Bianca fa venire meno uno degli elementi più significativi di quella strategia della «difesa intelligente» (e coordinata con gli alleati) che solo dieci mesi fa a Chicago era stata al centro del vertice della Nato. Obama non aveva indietreggiato davanti all’irritazione di Mosca: aveva solo assicurato che i missili da installare in Polonia (comunque dopo diversi anni) avrebbero avuto come ruolo principale quello di difendere l’Europa da un possibile attacco missilistico dell’Iran. I russi mostrarono di non credere a quelle rassicurazioni e mandarono a Chicago una rappresentanza di livello molto basso. Ora, rinviando il progetto polacco (che viene confermato ma differito di alcuni anni), Obama, determinato com’è a ridimensionare la spesa militare, manda un segnale di collaborazione a Putin. Contemporaneamente cerca di rassicurare gi europei: Hagel ripete che rimane un «impegno d’acciaio» a difendere l’Europa da possibili attacchi. Agli alleati Nato perplessi può spiegare che oggi la priorità  è quella di affrontare la minaccia nordcoreana che si è improvvisamente aggravata, mentre quelli che vengono da Teheran per ora sono pericoli solo potenziali.
Decisione comprensibile quella degli Usa, tanto dal punto di vista militare quanto da quello geopolitico. Che, però, sembra essere stata presa in modo unilaterale.


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