L’«altalena» a 5 stelle: 4 punti in 40 giorni

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Legate sia all’insoddisfazione, più o meno manifesta, di alcuni dei parlamentari eletti verso lo stile di direzione di Grillo e Casaleggio, sia a quella, più generale, di parte dell’elettorato verso le più recenti scelte politiche dell’M5S. Come si è già  sottolineato, infatti, una quota significativa di votanti per Grillo alle ultime elezioni ritiene che il movimento dovrebbe assumere un atteggiamento di maggiore apertura nei confronti del Pd, se non, addirittura, concordare un’alleanza di governo con quest’ultimo. Ancora, un sondaggio pubblicato qualche giorno fa mostra come ben un elettore di Grillo su quattro si dichiara oggi insoddisfatto della sua scelta.
Tutto ciò ha avuto un effetto significativo sul trend delle intenzioni di voto. Come si ricorderà , immediatamente dopo le elezioni, l’M5S fece registrare una impennata di consensi. Dal 25,6% ottenuto nelle consultazioni del 24-25 febbraio, il movimento di Grillo riceveva già  il martedì successivo, 27 febbraio, quasi il 29% dei voti. Si tratta del noto effetto «bandwagon» (salire sul carro del vincitore) che porta molti cittadini a simpatizzare da subito per un partito che abbia avuto successo alle elezioni (e spesso a sostenere di averlo votato anche se così non è stato). Nei giorni successivi, però, anche a seguito delle scelte dell’M5S così come sono state riportate dai giornali (non a caso, fortemente contestati da Grillo e Casaleggio) è iniziato un trend calante nelle opzioni di voto espresse nei sondaggi. Il 7 marzo il consenso si era ridotto di un punto. Il 21 marzo si attestava al 26%. Oggi è inferiore al 25%, vale a dire sotto di quasi un punto rispetto all’esito elettorale di febbraio. Gli insoddisfatti sono soprattutto coloro che hanno votato l’M5S per protesta: questi ultimi sembrano essersi in parte diretti verso il Pd o di nuovo orientati all’astensione.
Naturalmente non è detto che questo calo di consensi si rifletta necessariamente nell’esito di una elezione «vera». Come si è visto a febbraio, la campagna elettorale può incidere, specie negli ultimi giorni, su di una grande quantità  di elettori. Questi dati indicano però come le scelte di Grillo non aumentino i consensi per il suo movimento, ma anzi paiano tendere a eroderli.
Tra le tante esternazioni di Grillo che hanno suscitato perplessità  anche tra i suoi stessi elettori va ricordato anche l’atteggiamento, da alcuni ritenuto offensivo, verso il presidente della Repubblica.
Napolitano, infatti, gode ancora oggi di un amplissimo consenso (74%) tra la popolazione. Anche tra gli elettori dell’M5S la grande parte (60%, un dato inferiore a quello rilevabile tra i votanti per gli altri partiti, ma rappresentativo comunque della maggioranza) giudica positivamente l’operato del capo dello Stato.
È vero che egli è stato, specie nell’ultimo anno, spesso criticato per le sue scelte, dalla designazione di Monti sino alla nomina dei «saggi». Quest’ultima decisione, in particolare, ha diviso molto gli italiani. Poco più della metà  (54%) la considera, come peraltro molti commentatori hanno sostenuto, una «inopportuna perdita di tempo». Ma un altro 43%, viceversa, ritiene che, malgrado tutto, si tratti di una «buona iniziativa».
Naturalmente, le opinioni variano in relazione all’orientamento politico. La gran parte (60%) degli elettori del centrosinistra e del centro valuta positivamente la scelta del Presidente. Ma anche tra costoro, poco meno del 40% appare critico. L’opposto accade tra gli elettori del centrodestra, ove il 68% giudica inopportuna la decisione di Napolitano e il 30% la definisce invece positiva.
Insomma, la decisione di affidarsi alla consulenza dei «saggi» divide l’opinione pubblica. Anche questa scelta, assieme a quella di affidare a Monti l’incarico del governo, ha comportato una progressiva attenuazione della popolarità  di Napolitano, passata dall’88-90% del 2010-2011 al 79% dei mesi scorsi, sino al 74% di oggi. Ciononostante, il presidente della Repubblica rimane una delle poche istituzioni politiche nelle quali gli elettori nutrono ancora fiducia. Napolitano continua a costituire forse l’unico punto di riferimento apprezzato dalla maggioranza degli elettori. Compresi quelli dell’M5S.


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