Monti presenta il Def Pareggio nel 2013, il debito sale al 130%

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«A maggio torniamo tra i virtuosi» Il 2013 è l’ultimo anno in cui il Pil è negativo (-1,3%). Poi invertirà  la rotta e, secondo stime prudenziali del governo, salirà  dell’1,4-1,5 all’anno per il prossimo quadriennio. Il pareggio di bilancio strutturale — per la prima volta dal 1923 — è stato confermato per il 2013 e per gli anni successivi a parte il 2014 che sfora per lo 0,4% ROMA — Confermato il pareggio di bilancio strutturale ma il rapporto debito Pil nel 2013 sfonderà  quota 130% (130,4%) per poi cominciare una lenta discesa fino al 117% nel 2017. Entro quest’anno il Pil calerà  dell’1,3% per invertire la tendenza nei prossimi quattro anni «con stime volutamente prudenziali». Avanzo primario raddoppiato al 2,4% con una previsione di arrivare addirittura al 5,7% alla fine del quadriennio, disavanzo sotto il 3% nonostante l’operazione dello sblocco dei 40 miliardi per le aziende. L’eredità  del governo Monti sta in queste poche cifre del documento di economia e finanza (Def) approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Ma più dei numeri contano le parole. «Occorre continuare nel rigore — spiega il premier presentando il documento — e non cercare scorciatoie populiste». Il lavoro fatto nell’ultimo anno «è un capitale in termini di credibilità , raggiunto a caro prezzo con sacrifici pesanti», ma attenzione perché «la credibilità  la si può perdere rapidamente».
Monti difende la «sua creatura» e invita il futuro governo a tener ferma la barra del risanamento e del rigore. «No a inversioni di rotta e immissioni di denaro nell’economia per far fronte alla congiuntura, magari chiedendo più tempo all’Europa e restando in disavanzo eccessivo». Inutile illudersi, la maggior crescita che tutti vogliono per contrastare la disoccupazione e la chiusura delle aziende «deve arrivare dalle riforme strutturali mirate e forti per costruire nuove opportunità  di sviluppo».
Questo è lo schema montiano che verrà  consegnato a Bruxelles ma il Def è destinato a subire altre variazioni. Lo sa benissimo il premier che lo definisce «un work in progress». Mette le mani avanti il ministro dell’Economia Vittorio Grilli precisando che i saldi del Def non tengono conto di una eventuale abolizione dell’Imu che vale 11 miliardi l’anno. Se questo avverrà  per motivi politici e populisti, fa capire il ministro, per non scardinare i conti «bisognerà  trovare una compensazione». Entro il mese Bruxelles attende anche il nuovo Pnr (piano nazionale di riforme) ma Monti ha precisato che «questo compito spetta al nuovo governo, il mio non può formulare orientamenti per il futuro che presuppongano scelte di indirizzo non condivise dal Parlamento».
Alla versione Monti è arrivata subito una replica piuttosto salata del responsabile economico del Pd Stefano Fassina secondo il quale, il «Def discusso dal governo lascia al suo successore una amara sorpresa sotto le sembianze di manovre da fare per 1,4 punti di Pil all’anno a partire dal 2015». Per Fassina ci sono molte voci indifferibili lasciate scoperte già  quest’anno dalla legge di bilancio per finanziare «la cassa integrazione in deroga, i precari in scadenza, il 55% delle ristrutturazioni eco-sostenibili, i contratti di servizio con Ferrovie e Poste e la salvaguardia degli esodati».
Anche la Cgil è molto critica. In una nota sottolinea come «l’ostinazione di questo governo appare incredibile, sembra non rendersi conto della situazione reale in cui versa il Paese, ascrivibile in larga misura alle sue stesse scelte». Per il segretario confederale Danilo Barbi «occorre che il nuovo governo cambi la politica economica per stimolare la crescita e uscire dalla crisi». E mentre la politica fatica a trovare la quadra i dati sono sempre negativi. L’Istat ha comunicato che la produzione industriale a febbraio è tornata a scendere dello 0,8% rispetto a gennaio con un conto più salato se parametrato sugli ultimi dodici mesi con un poco confortante meno 3,8%.
Lo sguardo del professor Mario Monti resta ancorato all’Europa e alla reputazione che rischia di perdere. «Speriamo che a maggio l’Italia esca dalla lista dei Paesi con problemi di finanza — si augura in coda al Def — ed entri nella lista dei Paese virtuosi».


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