Siria, l’attacco chimico in un video

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NEW YORK â€” La Bbc riceve dai ribelli siriani le immagini delle atrocità : volti sfigurati, bocche con la bava, segnali che appaiono inequivocabili, sull’uso del micidiale gas nervino Sarin contro i ribelli e la popolazione. Il giornale Usa Today rivela di avere altri documenti che confermano la “svolta”, proprio come affermato giovedì dalla Casa Bianca e dal Pentagono. Il segretario generale dell’Onu Bank Ki-Moon annuncia che il Palazzo di Vetro «è pronto a mandare dei tecnici (per verificare le accuse, ndr)
ma Damasco non lo autorizza ».
Si è varcata quella che Barack Obama aveva definito la “linea rossa”, il limite invalicabile nelle atrocità  commesse in Siria. Eppure né Obama né un alleato di ferro come la Gran Bretagna hanno fretta di agire. Il premier britannico, David Cameron, ricalca la stessa linea prudente che è stata adottata a Washington. «Ci sono prove, limitate ma crescenti, si tratta di un crimine di guerra che va preso molto sul serio». Si dice d’accordo con il presidente americano che questa delle armi chimiche è la “linea
rossa”. Ma non ne trae conseguenze specifiche.
Negli Stati Uniti è l’opposizione repubblicana che continua a invocare due azioni: l’imposizione di una no-fly zone per impedire che le forze di Assad bombardino le zone controllate dai ribelli; e le forniture di armi all’opposizione siriana. Obama invece procede con i piedi di piombo. Le ragioni sono evidenti. Gli stessi consiglieri strategici della Casa Bianca ricordano il precedente del 2003 quando George Bush mandò il suo segretario di Stato Colin Powell alle Nazioni Unite a esibire prove sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, poi rivelatesi false. La credibilità  dell’intelligence Usa ne subì un duro colpo, Obama non vuole ripetere un infortunio così colossale. E comunque questo presidente vuole passare alla storia per avere finito due guerre, in Iraq e in Afghanistan. Ci penserà  molto, prima di imbarcare l’America in un altro conflitto.
A spingerlo sono invece gli israeliani. Ieri in Israele il viceministro della Difesa, Danny Dannon, ha dichiarato: «Noi sappiamo che armi chimiche sono state usate. L’America come leader dell’Occidente dovrebbe mettersi alla testa di un’azione, con gli alleati europei e con Israele». Da Damasco invece è arrivata un’altra smentita. Il ministro dell’Informazione, Omran Al-Zoubi, ha scelto la televisione russa per esprimersi: «Tutto ciò che il segretario alla Difesa americano e il governo inglese hanno detto manca di credibilità , è una tattica per metterci sotto pressione». La tesi ufficiale del regime di Assad è quella che le armi chimiche sarebbero finite al contrario nelle mani dei «terroristi». Washington non considera credibile questa tesi e tuttavia la Casa Bianca e il Pentagono hanno detto che vogliono accumulare più prove. Le accuse ai «terroristi» lanciate dal regime di Assad toccano un nervo scoperto. Obama non vuole ripetere errori fatti in altre circostanze dalle Amministrazioni precedenti, quando armarono delle fazioni (come i Taliban in Afghanistan e lo stesso Osama Bin Laden) che poi finirono nell’orbita del fondamentalismo anti-americano.


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