Epifani: “Renzi? Meglio al governo ma quello di Letta non ha scadenza”

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ROMA — «Se facciamo le primarie per un segretario che è anche candidato premier, l’attuale presidente del Consiglio Letta potrebbe candidarsi? Evidentemente, no. Vogliamo escludere Enrico dalla futura premiership? Dobbiamo smetterla con questo automatismo… il segretario può essere il candidato premier ma può anche non esserlo». È Guglielmo Epifani a sminare il percorso verso il congresso del Pd, e a tenere insieme bersaniani e renziani. E nella prima riunione-fiume del comitatone per le regole, evita anche lo scontro sulla presidenza. Sarà lui, il segretario, a presiedere il comitato; e quando non potrà, saranno i segretari regionali (Lupo, Bonaccini)o il relatore di turno. Ma soprattutto – ed è questo il punto politico – il congresso si terrà entro l’Immacolata, tra novembre e l’inizio di dicembre di quest’anno, nessun trabocchetto a Renzi: «Non abbiamo nessun interesse ad andare oltre».
Il sindaco fiorentino può quindi tranquillizzarsi? I renziani subito commentano: «Questa volta è buona la prima». Il Pd sembra essere in risalita: un sondaggio di Emg per La7 lo dà primo partito (con il 28,5%). La lealtà al governo è ribadita dal segretario: «Dopo avere fatto una scelta difficile per noi, in assenza di alternative, non lavoriamo certo per farlo cadere. Non ha scadenza questo governo, tutto dipende dal primo “tagliando” che lo stesso Letta ha fissato tra 18/24 mesi». Non significa però che se inciampasse, il Pd considererebbe chiusa la legislatura. Si andrebbe avanti, se non altro per avere una nuova legge elettorale. Archiviata l’uscita di Bersani sul ribaltone con i 5Stelle, non è tanto sulla questione durata
del governo che i Democratici entrano in agitazione. È tempo di buttare il cuore oltre l’ostacolo, di guardare al futuro. Renzi deve decidere se correre per la segreteria; Epifani dice che non si ricandiderà. Per la verità, il segretario dà un consiglio al sindaco: «Lo vedo più al governo che segretario, gli è più congeniale, perché ha esperienza nel governo amministrativo ». Aggiunge, però: «C’è un problema di esperienza che manca, ma di qui a qualche tempo, Renzi acquisirà l’esperienza necessaria ».
Il sindaco “rottamatore” comunque incassa le primarie aperte. Anche se la rotta che Epifani vorrebbe è una sorta di modello americano, con iscrizione all’albo: «Primarie aperte sì, ma senza caos». I bersaniani di stretta osservanza come Nico Stumpo sono per un filtro, e insistono perché questa volta il congresso cominci nei circoli. Gianni Dal Moro, lettiano, ripete: «Cerchiamo di prenderci più tempo». Però la melina non passa, non la vuole Epifani.
Che fa la spola tra il comitatone e il seminario di “Italianieuropei” organizzato da D’Alema. L’ex premier batte un colpo: «Non vogliamo che il partito diventi il comitato elettorale di un leader, deve quindi conciliare radicamento sociale e forte leadership». D’Alema è lui pure per separazione tra segretario e candidato premier, perché sarebbe «autolesionistico e assurdo che il partito che esprime oggi il presidente del Consiglio dedicasse un intero congresso a come sostituirlo, anziché occuparsi dei problemi del paese». La prossima settimana la prima decisione sul partito: l’ipotesi è dimezzare la Direzione e l’Assemblea, rispettivamente da 120 a 60 membri e da 1000 a 500 delegati. Al seminario di D’Alema, Bersani dà forfait, ma ci sono i bersaniani Zoggia e D’Attorre, i renziani Nardella e Vassallo, olte a Barca, Cuperlo, Finocchiaro. Un Pd lontano da scissioni? Epifani avverte: «Chi decidesse di scindersi avrebbe vita grama».


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MA LA SINISTRA NON C’È

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