Giovani assunti, meno contributi per 2-3 anni

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ROMA – La possibilità di imprimere una svolta alla politica del governo, nel senso della crescita dell’economia, parte dal vertice di domani, nella capitale, tra i ministri dell’Economia e del Lavoro di Italia, Germania, Francia e Spagna. Un vertice al quale il presidente del Consiglio, Enrico Letta, tiene tantissimo, perché si tratta di un successo personale. È stato infatti lui a volerlo, ottenendo che, a Roma, per la prima volta discutessero insieme ministri che abitualmente si contrastano, dovendo i responsabili del Tesoro frenare sulla spesa mentre i colleghi del Lavoro, al contrario, si battono per ottenere incentivi all’occupazione. È stato lo stesso premier a rivendicare questo successo. E lo ha fatto, non a caso, davanti alla platea del congresso della Cisl, dopo la relazione del segretario Raffaele Bonanni che aveva descritto «una situazione economica e sociale al limite del collasso».

«Se non c’è il lavoro, il Paese non si salva», ha scandito un Letta in maniche di camicia tra gli applausi dei sindacalisti. Per questo, ha promesso, di «lavorare incessantemente per rimettere l’occupazione al centro». Uno sforzo che però presuppone una condivisione a livello europeo. Già al Consiglio Ue del 22 maggio, ha raccontato Letta, «forse con una certa insolenza», trattandosi del suo debutto internazionale da premier, aveva fatto osservare ai suoi colleghi che il successivo Consiglio, quello convocato per il 27 giugno, non poteva limitarsi a discutere del completamento dell’unione bancaria, tema importante e per il quale l’Italia si batterà, ma che non può bastare a dare una risposta alle famiglie «che hanno un figlio che non trova lavoro».

Il vertice dei quattro Paesi, secondo Letta, dovrà servire a produrre «risultati concreti». Che per l’Italia significano «detassazione delle assunzioni e anticipo del programma europeo di Youth guarantee». La detassazione potrebbe finire già in un decreto legge di rilancio dell’occupazione giovanile che forse arriverà al prossimo consiglio dei ministri, probabilmente sabato, insieme con il pacchetto di semplificazioni burocratiche e procedurali per le imprese. La detassazione potrebbe avvenire attraverso il taglio degli oneri contributivi per 2-3 anni per le aziende che assumono giovani a tempo indeterminato. Il premier ha infatti detto che l’eccessivo «cuneo fiscale è la vera zavorra» da rimuovere. Le prime risorse, circa un miliardo di euro, verrebbero da una riprogrammazione di parte dei fondi comunitari a disposizione dell’Italia (compresi i cofinanziamenti nazionali si tratta di 30 miliardi ancora da spendere entro il 2015). Nello stesso decreto finiranno le correzioni alla riforma del mercato del lavoro Fornero. In particolare, come ha confermato ieri il ministro del Lavoro Enrico Giovannini a Porta a Porta, si punta a «superare il fatto che tra un contratto e l’altro ci sia una pausa». La riforma Fornero aveva allungato i periodi di intervallo fino a 90 giorni con l’obiettivo di scoraggiare un eccesso di assunzioni precarie, ma la norma, complice la crisi, ha finito per disincentivare la stipula di contratti. Il decreto servirà anche ad allentare o togliere altri vincoli sugli stessi contratti a termine (obbligo di causale) e sull’apprendistato (obbligo di assumere il 30 e il 50% dei precedenti apprendisti, regole rigide in materia di formazione). Quanto al programma Youth guarantee, la richiesta di anticipare i fondi dal 2014 al 2013 (per l’Italia 400 milioni) potrebbe scaturire proprio dal vertice di domani e poi essere formalizzata al Consiglio europeo del 27. L’offensiva di Letta sul lavoro, che ha invitato a «remare tutti nella stessa direzione», è supportata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri ha parlato di «drammatica caduta dell’occupazione, specie giovanile». Il premier spera in risultati a breve termine. Rilanciare la crescita è urgente, anche per rispondere alle inquietudini che permangono nei mercati finanziari. Il Tesoro ieri ha collocato tutti i 7 miliardi di euro di Bot a un anno, ma con un tasso salito allo 0,962%, il massimo da marzo.

Enrico Marro


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